Page 164 - Gomorra
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Un processo durato sette anni e ventuno giorni, per seicen-toventisei udienze
complessive, n processo di mafia più complesso in Italia negli ultimi quindici anni.
Cinquecento testimoni sentiti, oltre ai ventiquattro collaboratori di giustìzia, di cui sei
imputati. Acquisiti novanta faldoni di atti, sentenze di altri processi, documenti,
intercettazioni. Dopo quasi un anno dal blitz del 1995, arrivarono anche le inchieste-
figlie di "Spartacus". "Spartacus 2" e "Regi Lagni", ossia il recupero dei canali
borbonici che risalivano al diciottesimo secolo, che da allora non ricevevano
ristrutturazione adeguata. H recupero dei Regi Lagni fu per anni pilotato dai clan che
generarono - secondo le accuse - appalti miliardari inutilizzati per ristrutturare le
vecchie strutture borboniche, e invece fatti defluire verso le loro imprese edili che
sarebbero divenute vincenti in tutt'Italia negli anni successivi. E poi il processo
"Aima", le truffe che i clan Casalesi avevano fatto nei famosi centri dello scamazzo,
ossia dove la Comunità europea raccoglieva, scamazzandola, la fratta prodotta in
eccesso dando in cambio un indennizzo ai contadini. Nei grandi crateri dove veniva
sversata la frutta, i clan ci gettavano monnezza, ferro, rimasugli di lavori edili. Prima
però tutta la schifezza se la facevano pesare come se fosse stata frutta. E ricevevano
ovviamente i soldi di indennizzo, mentre la frutta dei loro appezzamenti continuava a
essere venduta ovunque. Furono emessi centotrentuno decreti di sequestro riguardanti
imprese, terreni, aziende agricole, per un valore complessivo di centinaia di milioni di
euro. Destinatarie dei sequestri anche due società di calcio, l'Albanova, che militava
nel campionato C2, e il Casal di Principe.
L'inchiesta prese in esame anche l'imposizione da parte del clan dell'affidamento di
subappalti per opere pubbliche a imprese vicine all'organizzazione, con la conseguente
gestione di forniture di calcestruzzo e le attività di movimentazione terra. Un altro
rilevante capitolo dell'inchiesta concerneva le truffe ai danni della CEE, in particolare
riguardo ai contributi ottenuti illecitamente nel comparto agro-alimentare. E poi
centinaia di omicidi, alleanze imprenditoriali. Mentre ero lì in attesa della sentenza
come tutti, pensavo che quello non era un processo come altri, non un semplice e
ordinario processo contro famiglie camorriste della provincia meridionale. Quello
sembrava una sorta di processo alla storia, come una Norimberga di una generazione di
camorra, ma a differenza dei generalissimi del Reich, molti dei camorristi che erano lì
continuavano a comandare, a essere i riferimenti dei loro imperi. Una Norimberga
senza vincitori. Gli imputati nelle gabbie, in silenzio. Sandokan era in videoconferenza,
immobile nel carcere di Viterbo. Sarebbe stato troppo rischioso spostarlo. In aula si
sentiva solo il vociare degli avvocati: oltre venti studi legali coinvolti e più di
cinquanta tra avvocati e assistenti avevano studiato, seguito, osservato, difeso. I parenti
degli imputati erano tutti ammucchiati in una saletta di fianco all'aula bunker, fissavano
tutti il monitor. Quando il presidente della corte Catello Marano prese le trenta pagine