Page 161 - Gomorra
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affari. Tangente che risultava essere il punto di partenza, poiché senza versarla, le loro
            ditte  economiche  ed  efficienti  non  avrebbero  lavorato,  e  nessun'altra  ditta  avrebbe
            potuto  farlo  senza  danno  alcuno  e  a  buon  mercato.  Il  giro  d'affari  che  la  famiglia
            Schiavone  gestisce  è  quantificabile  in  cinque  miliardi  di  euro.  L'intera  potenza
            economica  del  cartello  delle  famiglie  Casalesi  tra  beni  immobili,  masserie,  azioni,
            liquidità,  ditte  edili,  zuccherifici,  cementifici,  usura,  traffico  di  droga  e  di  armi,  si
            aggira intorno ai trenta miliardi di euro. La camorra casalese è diventata un'impresa

            polivalente; la più affidabile della Campania, in grado di partecipare a tutti gli affari.
            La quantità di capitali accumulati illegalmente le consente di avere spesso un credito
            agevolato che permette alle sue imprese di sbaragliare la concorrenza con prezzi bassi
            o con intimidazioni. La nuova borghesia camorrista casalese ha trasformato il rapporto
            estorsivo in una sorta di servizio aggiuntivo, il racket in una partecipazione all'impresa

            di  camorra.  Pagare  un  mensile  al  clan  può  significare  concedergli  esclusivamente
            danaro  per  i  suoi  affari,  ma  al  contempo  può  significare  anche  ricevere  protezione
            economica  con  le  banche,  camion  in  orario,  agenti  commerciali  rispettati.  Il  racket
            come un acquisto imposto di servizi. Questa nuova concezione del racket emerge da
            un'indagine  del  2004  della  Questura  di  Caserta,  conclusasi  con  l'arresto  di  diciotto
            persone. Francesco Schiavone Sandokan, Michele Zagaria e il clan Moccia erano i più
            importanti  soci  di  Cirio  e  Parmalat  in  Campania.  In  tutto  il  casertano,  in  parte

            consistente  del  napoletano,  in  tutto  il  basso  Lazio,  in  parte  delle  Marche  e
            dell'Abruzzo, in parte della Lucania, il latte distribuito dalla Cirio e poi dalla Parmalat
            aveva conquistato il 90 per cento del mercato. Un risultato ottenuto grazie all'alleanza
            stretta  con  la  camorra  casalese  e  alle  tangenti  che  le  aziende  pagavano  ai  clan  per
            mantenere una posizione di preminenza. Diversi i marchi coinvolti tutti riconducibili
            all'impero Eurolat, l'azienda passata nel 1999 dalla Cirio di Cragnotti alla Parmalat di

            Tanzi.
                 I magistrati avevano disposto il sequestro di tre concessionarie e diverse aziende
            per  la  distribuzione  e  la  vendita  del  latte,  tutte,  secondo  l'accusa,  controllate  dalla
            camorra casalese. Le aziende del latte erano intestate a prestanome che agivano per
            conto  dei  Casalesi.  Prima  Cirio,  e  poi  Parmalat,  per  ottenere  il  ruolo  di  cliente
            speciale, avevano trattato direttamente con il cognato di Michele Zagaria, latitante da
            un decennio e reggente del clan dei Casalesi. Il trattamento di favore era conquistato

            innanzitutto  attraverso  politiche  commerciali.  I  marchi  della  Cirio  e  della  Parmalat
            concedevano ai distributori uno sconto speciale - dal 4 al 6,5 per cento, invece del
            consueto 3 per cento circa - oltre a vari premi di produzione, così anche i supermercati
            e i dettaglianti potevano strappare buoni sconti sui prezzi: i Casalesi costruivano in
            questo modo un consenso diffuso nei confronti del loro predominio commerciale. Dove

            poi non arrivavano il pacifico convincimento e l'interesse comune, entrava in azione la
            violenza:  minacce,  estorsioni,  distruzione  dei  camion  per  il  trasporto  delle  merci.
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