Page 156 - Gomorra
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Corleone, in confronto a Casal di Principe, è una città progettata da Walt Disney.
            Casal  di  Principe,  San  Cipriano  d'Aversa,  Casapesenna.  Un  territorio  con  meno  di
            centomila  abitanti,  ma  con  milleduecento  condannati  per  416  bis,  il  reato  di
            associazione mafiosa, e un numero esponenziale di indagati e condannati per concorso
            esterno in associazione mafiosa. Questa terra subisce da tempo infinito il peso delle
            famiglie  camorriste,  una  borghesia  violenta  e  feroce  che  possiede  nel  clan  la  sua
            avanguardia più cruenta e potente. Il clan dei Casalesi - che prende il nome proprio da

            Casal di Principe - è una confederazione che riunisce in sé in un rapporto di autonomia
            federativa  tutte  la  famiglie  camorristiche  del  casertano:  da  Castelvolturno,  Villa
            Literno,  Gricignano,  San  Tammaro,  Cesa,  sino  a  Villa  di  Briano,  Mondragone,
            Carinola, Marcianise, San Nicola La Strada, Calvi Risorta, Lasciano e altre decine e
            decine  di  paesi.  Ciascuno  con  il  suo  capozona,  ciascuno  inquadrato  nella  rete  dei

            Casalesi. Il capostipite delle famiglie Casalesi, Antonio Bardellino, era stato il primo
            in  Italia  a  comprendere  che  sul  lungo  termine  la  cocaina  avrebbe  di  gran  lunga
            soppiantato  l'eroina.  Eppure  per  Cosa  Nostra  e  molte  famiglie  di  camorra,  l'eroina
            continuava a essere la merce principale. Gli eroinomani venivano visti come vere e
            proprie casseforti, mentre la coca negli anni '80 aveva la caratteristica di essere una
            droga d'elite. Antonio Bardellino aveva compreso però che il grande mercato sarebbe
            stato di una droga capace di non massacrare in breve tempo, in grado di essere come un

            aperitivo borghese e non un veleno da reietti. Creò così una ditta di import-export di
            farina di pesce che esportava dal Sud America e importava nell'aversano. Farina di
            pesce che nascondeva tonnellate di coca. L'eroina che trattava, Bardellino la smerciava
            anche in America mandandola a John Gotti, inserendo la droga nei filtri di macchine
            per il caffè espresso. Una volta sessantasette chili di eroina vennero intercettati dalla
            narcotici americana, ma per il boss di San Cipriano d'Aversa non fu una disfatta. Fece

            telefonare a Gotti pochi giorni dopo: "Adesso ne mandiamo il doppio con altri mezzi".
            Dall'agro aversano nacque il cartello che seppe opporsi a Cutolo e la ferocia di quella
            guerra  è  ancora  presente  nel  codice  genetico  dei  clan  casertani.  Negli  anni  '80  le
            famiglie  cutoliane  vennero  eliminate  con  poche  operazioni  militari,  ma  di  potenza
            violentissima. I Di Matteo, quattro uomini e quattro donne, vennero massacrati in pochi
            giorni.  I  Casalesi  lasciarono  vivo  solo  un  bambino  di  otto  anni.  I  Simeone  invece
            furono uccisi in sette, quasi tutti contemporaneamente. Al mattino la famiglia era viva,

            presente e potente, la notte stessa era scomparsa. Massacrata. A Ponte Annicchino - nel
            marzo dell'82 - i Casalesi posizionarono su una collina una mitraglietta da campo, di
            quelle usate nelle trincee, e spararono massacrando quattro cutoliani.

                 Antonio Bardellino era affiliato a Cosa Nostra, legato a Tano Badalamenti, sodale

            e amico di Tommaso Buscetta, con cui aveva diviso una villa in Sud America. Quando
            i Corleonesi spazzarono il potere di Badalamenti-Buscetta tentarono di eliminare anche
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