Page 150 - Gomorra
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salutavano con la mano il giovane ospite con ancora in bocca l'ultimo pezzo di
mozzarella. Intorno a me e Mariano intanto s'era accalcato un gruppo di ragazzini che
guardava il reduce come un eletto, una sorta di eroe dell'incontro. Uno che aveva
conosciuto Michail Kalashnikov. Mariano mi guardò con un'espressione di una
complicità finta che non avevo mai avuto con lui. Tolse l'elastico alle fotografie e
iniziò a scorrerle. Dopo averne sfogliate decine ne tirò fuori una: "Questa è per te. E
non dire che non ti penso".
Sul ritratto del vecchio generale una scritta a pennarello nero: "To Roberto Saviano
with Best Regards M. Kalashnikov".
Agli istituti di ricerca economica internazionali servono continuamente dati.
Produrli come cibo quotidiano per i giornali, le riviste, i partiti politici. Il celebre
indice "Big Mac", per esempio, che valuta tanto più florido un paese quanto più il
panino costa caro nei McDonald's. Per valutare lo stato dei diritti umani invece gli
analisti osservano il prezzo a cui viene venduto il kalashnikov. Meno costoso è il mitra,
più i diritti umani sono violati, lo Stato di diritto è in cancrena, l'ossatura degli
equilibri sociali è marcia e in disfacimento.
Nell'ovest dell'Africa può arrivare a cinquanta dollari. Addirittura in Yemen è
possibile rintracciare AK-47 usati di seconda e terza mano anche a sei dollari. Il
dominio all'est dei clan, la zampata sui depositi di armi dei paesi socialisti in
disfacimento hanno fatto dei clan casertani e napoletani i referenti migliori per i
trafficanti di armi, assieme alle cosche calabresi con cui sono in perenne contatto.
La camorra - gestendo una grossa fetta del mercato internazionale di armi -
determinerebbe i prezzi dei kalashnikov, divenendo indirettamente il giudice dello stato
di salute dei diritti dell'uomo in Occidente. Come se drenasse il livello del diritto,
lentamente, come la goccia che casca nel catetere. Mentre i gruppi criminali francesi e
americani usavano l'M16 di Eugene Stoner, il fucile d'assalto dei marines grosso,
ingombrante, pesante; un fucile che dev'essere oliato, pulito, se non vuoi che ti
s'inceppi in mano, in Sicilia e in Campania, da Cinisi a Casal di Principe, i
kalashnikov già negli anni '80 passavano di mano in mano. Nel 2003, dalle
dichiarazioni di un pentito - Raffaele Spinello del clan Genovese, egemone ad Avellino
e nell'avellinese - saltò fuori il rapporto tra i baschi dell'ETA e la camorra. Il clan
Genovese è alleato ai Cava di Quindici e alle famiglie del casertano. Non è un clan di
prim'ordine, eppure era in grado di fornire armi a uno dei principali gruppi armati
europei che, nel corso di una trentennale lotta, aveva battuto strade molteplici per
l'approvvigionamento di armi. Ma i clan campani risultavano interlocutori privilegiati.