Page 147 - Gomorra
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difficoltà del generale a salire su un aereo. Ma queste erano soltanto leggende, voci
            circolanti sui taccuini dei giornalisti che - non riuscendo a intervistare il generale, che
            senza presentazioni importanti non riceveva nessuno - intervistavano gli operai della
            fabbrica di armi di Izhevsk.

                 Michail  Kalashnikov  rispondeva  automaticamente,  sempre  le  stesse  risposte
            qualunque fosse la domanda, servendosi di un inglese liscio, imparato da adulto, usato

            come  un  cacciavite  per  svitare  un  bullone.  Mariano  gli  faceva  domande  inutili  e
            generiche - un modo per abbassare il suo livello di ansia - sul mitra: "Non ho inventato
            quell'arma perché venisse venduta a scopo di lucro, ma solo ed esclusivamente per
            difendere la madre patria all'epoca in cui ne aveva bisogno. Se potessi tornare indietro
            rifarei le stesse cose e vivrei nello stesso modo. Ho lavorato tutta la vita e la mia vita è

            il mio lavoro". Una risposta che ripete a ogni domanda sul suo mitra.

                 Al  mondo  non  esiste  cosa,  organica  o  disorganica,  oggetto  metallico,  elemento
            chimico,  che  abbia  fatto  più  morti  dell'AK-47.  Il  kalashnikov  ha  ucciso  più  della
            bomba  atomica  di  Hiroshima  e  Nagasaki,  più  del  virus  dell'HIV,  più  della  peste
            bubbonica, più della malaria, più di tutti gli attentati dei fondamentalisti islamici, più
            della  somma  dei  morti  di  tutti  i  terremoti  che  hanno  agitato  la  crosta  terrestre.  Un

            numero  esponenziale  di  carne  umana  impossibile  persino  da  immaginare.  Solo  un
            pubblicitario riuscì, a un convegno, a dare una descrizione convincente: consigliava
            che per immaginare i morti uccisi dal mitra si sarebbe dovuto riempire una bottiglia
            con lo zucchero, facendo cascare i granelli dal foro sulla punta del pacco. Ogni grano
            di zucchero è un morto ucciso dal kalashnikov.


                 L'AK-47 è un mitra che riesce a sparare nelle condizioni più disparate. Incapace di
            incepparsi, pronto a sparare anche sporco di terra, anche se zuppo d'acqua, comodo da
            impugnare,  con  un  grilletto  morbido  che  può  essere  premuto  anche  da  un  bambino.
            Fortuna,  errore,  imprecisione,  tutti  gli  elementi  che  fanno  salva  la  vita  durante  gli
            scontri sembrano eliminati dalla certezza dell'AK-47, uno strumento che ha impedito al
            fato di avere un ruolo. Facile da usare, facile da trasportare, spara con un'efficienza
            che permette di uccidere senza nessun tipo d'addestramento. "È capace di trasformare

            in  combattente  anche  una  scimmia"  dichiarava  Cabila,  il  temibile  leader  politico
            congolese.  Nei  conflitti  degli  ultimi  trent'anni  più  di  cinquanta  paesi  hanno  usato  il
            kalashnikov come fucile d'assalto dei loro eserciti. Stragi perpetrate col kalashnikov -
            accertate dall'ONU - sono avvenute in Algeria, Angola, Bosnia, Burundi, Cambogia,
            Cecenia,  Colombia,  Congo,  Haiti,  Kashmir,  Mozambico,  Ruanda,  Sierra  Leone,

            Somalia, Sri Lanka, Sudan, Uganda. Più di cinquanta eserciti regolari possiedono il
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