Page 143 - Gomorra
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"È come chi decide di fare il filosofo e chi il medico, secondo te chi dei due decide
della vita di una persona?"
"Il medico!"
"Bravo. Il medico. Perché puoi decidere della vita delle persone. Decidere.
Salvarli o non salvarli. È così che si fa il bene, solo quando puoi fare il male. Se
invece sei un fallito, un buffone, uno che non fa nulla. Allora puoi fare solo il bene, ma
quello è volontariato, uno scarto di bene. Il bene vero è quando scegli di farlo perché
puoi fare il male."
Non rispondevo. Non riuscivo mai a capire cose volesse realmente dimostrarmi. E
in fondo non riesco nemmeno ora a capirlo. Sarà anche per questo che mi sono laureato
in filosofia, per non decidere al posto di nessuno. Mio padre aveva fatto servizio nelle
ambulanze, come giovane medico, negli anni '80. Quattrocento morti l'anno. In zone
dove si ammazzavano anche cinque persone al giorno. Arrivava con l'autoambulanza,
quando però il ferito era per terra e la polizia non ancora arrivata non si poteva
caricarlo. Perché se la voce si spargeva, i killer tornavano indietro, inseguivano
l'autoambulanza, la bloccavano, entravano nel veicolo e finivano di portare a termine il
lavoro. Era capitato decine di volte, e sia i medici che gli infermieri sapevano di dover
star fermi dinanzi a un ferito e attendere che i killer tornassero per finire l'operazione.
Una volta mio padre però arrivò a Giugliano, un paesone tra il napoletano e il
casertano, feudo dei Mallardo. Il ragazzo aveva diciotto anni, o forse meno. Gli
avevano sparato al torace, ma una costola aveva deviato il colpo. L'autoambulanza
arrivò subito. Era in zona. Il ragazzo rantolava, urlava, perdeva sangue. Mio padre lo
caricò. Gli infermieri erano terrorizzati. Tentarono di dissuaderlo, era evidente che i
killer avevano sparato senza mirare e erano stati messi in fuga da qualche pattuglia, ma
sicuramente sarebbero ritornati. Gli infermieri provarono a rassicurare mio padre:
"Aspettiamo. Vengono, finiscono il servizio e ce lo portiamo".
Mio padre non ce la faceva. Insomma, anche la morte ha i suoi tempi. E diciotto
anni non gli sembrava il tempo per morire, neanche per un soldato di camorra. Lo
caricò, lo portò all'ospedale e fu salvato. La notte, andarono a casa sua i killer che non
avevano centrato il bersaglio come si doveva. A casa di mio padre. Io non c'ero,
abitavo con mia madre. Ma mi fu raccontata talmente tante volte questa storia, troncata
sempre nel medesimo punto, che io la ricordo come se a casa ci fossi stato anche io e
avessi assistito a tutto. Mio padre, credo, fu picchiato a sangue, per almeno due mesi
non si fece vedere in giro. Per i successivi quattro non riuscì a guardare in faccia
nessuno. Scegliere di salvare chi deve morire significa voler condividerne la sorte,