Page 127 - Gomorra
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figlia, della moglie, delle donne del clan. Solo le donne si fecero vedere in paese, non
erano soltanto le amministratrici occulte, le menti, ma divennero anche il simbolo
ufficiale delle famiglie, le facce e gli occhi del potere. Per strada quando si
incontravano le famiglie rivali si scambiavano occhiate feroci, sguardi alti, che si
appiccicano sugli zigomi in un gioco assurdo che vede perdenti gli occhi che si
abbassano. La tensione in paese era altissima quando le donne dei Cava compresero
che era giunto il tempo di imbracciare le armi. Da imprenditrici dovevano divenire
killer. Si addestrarono negli androni di casa, musica alta per coprire i rumori delle
pistole scaricate contro i sacchi di nocciole provenienti dai loro latifondi. Mentre si
svolgevano le elezioni comunali del 2002 iniziarono a girare armate per il paese nella
loro Audi 80. Erano Maria Scibelli, Michelina Cava e le ragazzine Clarissa e Felicetta
Cava di sedici e diciannove anni. In via Cassese l'auto delle donne dei Cava incrociò
l'auto delle Graziano, c'erano Stefania e Chiara Graziano di venti e ventuno anni.
Dall'auto delle Cava iniziarono a sparare ma le donne dei Graziano, come se si
aspettassero l'agguato, inchiodarono la loro macchina e riuscirono a sterzare.
Accelerarono, fecero inversione, scapparono. I colpi avevano rotto finestrini e
bucato lamiere, ma non colpito la carne. Le due ragazze tornarono in villa gridando.
Decisero di scendere a vendicare l'affronto direttamente la madre delle due ragazze,
Anna Scibelli e il boss Luigi Salvatore Graziano, il settantenne patriarca della
famiglia. Partirono tutti sulla sua Alfa, dietro di loro un'auto blindata con quattro
persone armate di mitra e fucili. Intercettaronono l'Audi delle Cava e la tamponarono
ripetutamente. L'auto di appoggio bloccava ogni via d'uscita laterale, poi sorpassò
l'auto inseguita e le si inchiodò davanti ostruendo ogni altra via di fuga. Le donne dei
Cava dopo il primo scontro a fuoco andato a vuoto, temendo di essere fermate dai
carabinieri, si erano liberate delle armi. Così trovandosi dinanzi l'auto sterzarono e
aprirono gli sportelli e si catapultarono fuori cercando di scappare a piedi. I Graziano
scesero dalle auto e iniziarono a sparare contro le donne. Una pioggia di piombo
investì gambe, teste, spalle, seni, guance, occhi. Caddero tutte a terra in pochi secondi,
sparpagliando le scarpe e rimanendo con i piedi all'aria. Pare che i Graziano
infierissero sui corpi, ma non si accorsero che una era ancora viva. Felicetta Cava
infatti si salvò. Nella borsa di una delle Cava trovarono una boccetta di acido, forse
oltre a sparare avrebbero voluto persino sfregiare le nemiche gettando acido sul viso.
Le donne sono maggiormente capaci di affrontare il crimine come se fosse soltanto
lo spazio di un momento, il giudizio di qualcuno, uno scalino toccato e subito superato.
Questo le donne dei clan lo mostrano con maggiore evidenza. Si sentono offese,
vilipese quando vengono definite camorriste, criminali. Come se criminale fosse solo
un giudizio su un operato, non un gesto oggettivo, un comportamento. Ma solo