Page 129 - Gomorra
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manifesti  affissi  ovunque,  messaggi  di  cordoglio,  lacrime,  strazianti  ricordi  delle
            compagne  di  classe.  Annalisa  è  stata  uccisa.  La  serata  calda,  forse  la  prima  serata
            realmente  calda  di  questa  stagione  terribilmente  piovosa,  Annalisa  aveva  deciso  di
            trascorrerla  giù  al  palazzo  d'una  amica.  Indossava  un  vestitino  bello  e  suadente.
            Aderiva al suo corpo teso e tonico, già abbronzato. Queste serate sembrano nascere
            apposta per incontrare ragazzi, e quattordici anni per una ragazza di Forcella è l'età
            propizia  per  iniziare  a  scegliersi  un  possibile  fidanzato  da  traghettare  sino  al

            matrimonio. Le ragazze dei quartieri popolari di Napoli a quattordici anni sembrano
            già  donne  vissute.  I  volti  sono  abbondantemente  dipinti,  i  seni  sono  mutati  in
            turgidissimi meloncini dai push-up, portano stivali appuntiti con tacchi che mettono a
            repentaglio l'incolumità delle caviglie. Devono essere equilibriste provette per reggere
            il vertiginoso camminare sul basalto, pietra lavica che riveste le strade di Napoli, da

            sempre  nemica  d'ogni  scarpa  fernminile.  Annalisa  era  bella.  Parecchio  bella.  Con
            l'amica e una cugina stava ascoltando musica, tutte e tre lanciavano sguardi ai ragazzetti
            che  passavano  sui  motorini,  impennando,  sgommando,  impegnandosi  in  gincane
            rischiosissime  tra  auto  e  persone.  È  un  gioco  al  corteggiamento.  Atavico,  sempre
            identico.  La  musica  preferita  dalle  ragazze  di  Forcella  è  quella  dei  neomelodici,
            cantanti popolari di un circuito che vende moltissimo nei quartieri popolari napoletani,
            ma anche palermitani e baresi. Gigi D'Alessio è il mito assoluto. Colui che ce l'ha fatta

            a uscire dal microcircuito imponendosi in tutt'Italia, gli altri, centinaia di altri, sono
            rimasti  invece  piccoli  idoli  di  quartiere,  divisi  per  zona,  per  palazzo,  per  vicolo.
            Ognuno  ha  il  suo  cantante.  D'improvviso  però,  mentre  lo  stereo  spedisce  in  aria  un
            acuto  gracchiante  del  neomelodico,  due  motorini,  tirati  al  massimo,  rincorrono
            qualcuno. Questo scappa, divora la strada con i piedi. Annalisa, sua cugina e l'amica
            non  capiscono,  pensano  che  stanno  scherzando,  forse  si  sfidano.  Poi  gli  spari.  Le

            pallottole  rimbalzano  ovunque.  Annalisa  è  a  terra,  due  pallottole  l'hanno  raggiunta.
            Tutti  fuggono,  le  prime  teste  iniziano  ad  affacciarsi  ai  balconi  sempre  aperti  per
            auscultare i vicoli. Le urla, l'ambulanza, la corsa in ospedale, l'intero quartiere riempie
            le strade di curiosità e ansia.

                 Salvatore Giuliano è un nome importante. Chiamarsi così sembra già essere una
            condizione sufficiente per comandare. Ma qui a Forcella non è il ricordo del bandito

            siciliano a conferire autorità a questo ragazzo. È soltanto il suo cognome. Giuliano. La
            situazione è stata peggiorata dalla scelta di parlare fatta da Lovigino Giuliano. Si è
            pentito,  ha  tradito  il  suo  clan  per  evitare  l'ergastolo.  Ma  come  spesso  accade  nelle
            dittature, anche se il capo viene tolto di mezzo, nessun altro se non un suo uomo può
            prenderne  il  posto.  I  Giuliano  quindi,  anche  se  con  il  marchio  dell'infamia,

            continuavano a essere gli unici in grado di mantenere rapporti con i grandi corrieri del
            narcotraffico e imporre la legge della protezione. Col tempo però Forcella si stanca.
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