Page 125 - Gomorra
P. 125
Ora su un territorio egemonizzato dalle loro ditte, si erge il più grande complesso
Ikea d'Italia e il più esteso cantiere dell'alta velocità del mezzogiorno italiano partirà
proprio da questa zona. Per l'ennesima volta, nell'ottobre 2005, il comune di Afragola è
stato sciolto per infiltrazione camorristica. Le accuse sono pesanti, oltre
duecentocinquanta assunzioni di persone, legate da stretti vincoli di parentela al clan
Moccia, sono state chieste da un gruppo di consiglieri comunali di Afragola al
presidente di una struttura commerciale.
Nella decisione di sciogliere il consiglio hanno pesato anche alcune concessioni
edilizie date in violazione delle norme. Ci sono megastrutture sui terreni di proprietà
dei boss e si parla anche dell'ospedale che dovrebbe essere costruito su terreni
acquistati dal clan Moccia, proprio in concomitanza con i dibattiti in consiglio
comunale. Terreni acquistati a prezzo basso, bassissimo e dopo esser divenuti suoli su
cui edificare l'ospedale, venduti ovviamente a costi astronomici. Un guadagno del 600
per cento sul prezzo iniziale. Un guadagno che solo le donne dei Moccia potevano
ottenere.
Donne in trincea per difendere i beni e le proprietà del clan, come fece Anna
Vollaro, nipote del boss del clan di Portici, Luigi Vollaro. Aveva ventinove anni
quando i poliziotti si presentarono per sequestrare l'ennesimo locale della famiglia, una
pizzeria. Prese una tanica di benzina, se la versò addosso e con un accendino si diede
fuoco. Per evitare che qualcuno tentasse di spegnere le fiamme iniziò a correre
all'impazzata. Finì per sbattere contro il muro e l'intonaco si annerì come quando una
presa della corrente va in cortocircuito. La Vollaro si fece ardere viva per protestare
contro il sequestro di un bene acquistato con capitali illeciti che lei considerava
soltanto il risultato di un percorso imprenditoriale normale, naturale.
Si crede che nella prassi criminale il vettore militare porti, una volta raggiunto il
successo, al ruolo di imprenditore. Non è così, o almeno non sempre. Ne è un esempio
la faida di Quindici, un paese in provincia di Avellino, che subisce da anni la presenza
asfissiante e perenne dei clan Cava e Graziano. Le due famiglie sono da sempre in
guerra, le donne costituiscono il vero fulcro economico. Il terremoto dell'80 distrugge
la Valle di Lauro, la pioggia di miliardi di lire per la ricostruzione dà origine a una
borghesia imprenditrice camorrista, ma a Quindici accade qualcosa di più e di diverso
di quanto avviene in tutte le altre zone della Campania: non solo uno scontro tra
fazioni, ma una faida familiare che nel corso degli anni fa registrare una quarantina di
agguati feroci che seminano lutti tra i due nuclei contendenti. Si innesca una carica di
odio insanabile che contagia come un morbo dell'anima tutti i rappresentanti delle due
famiglie per diverse generazioni. Il paese assiste impotente all'arena in cui si scannano