Page 123 - Gomorra
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strategia  della  dissociazione  nata  dalla  testa  di  una  donna  boss,  lentamente  perse
            fascino,  non  venne  ascoltata  dal  parlamento  e  dalla  magistratura,  ma  neanche  più
            sostenuta dai clan. I pentiti divennero sempre di più e con verità sempre meno utili, e le
            grandi rivelazioni di Galasso sconfessarono gli apparati militari dei clan, lasciandone
            però praticamente intatti i piani imprenditoriali e politici. Anna Mazza continuò la sua
            costruzione di una sorta di matriarcato della camorra. Le donne come vero centro del
            potere e gli uomini braccia armate, mediatori, dirigenti soltanto dopo le decisioni delle

            donne. Decisioni importanti, economiche e militari, spettavano alla vedova nera.

                 Le  donne  del  clan  garantivano  maggiore  capacità  imprenditoriale,  minore
            ossessione riguardo l'ostentazione del potere e minore volontà di conflitto. Donne le
            dirigenti, donne le loro guardaspalle, donne le imprenditrici del clan. Una sua "dama di

            compagnia", Immacolata Capone, nel corso degli anni fece fortuna all'interno del clan.
            Immacolata fu la madrina di Teresa, la figlia della vedova. Non aveva un aspetto da
            matrona con capelli fonati e guance piene come Anna Mazza, Immacolata era minuta, un
            caschetto  biondo  sempre  ordinato,  un'eleganza  sobria.  Non  aveva  nessun  tratto
            dell'ombrosa  camorrista.  E  piuttosto  che  alla  ricerca  di  uomini  che  le  conferissero
            maggiore autorevolezza, erano gli uomini che si legavano a lei per avere protezione.
            Sposò  Giorgio  Salierno,  camorrista  implicato  nei  tentativi  di  ostacolare  il  pentito

            Galasso, e poi si legò a un uomo del clan Puca di Sant'Antimo, una famiglia dal passato
            potente vicina a Cutolo, un clan reso celebre dal fratello del compagno di Immacolata,
            Antonio Puca. Nella sua tasca fu trovata un'agendina con il nome di Enzo Tortora, il
            presentatore  televisivo  accusato  ingiustamente  di  essere  un  camorrista.  Quando
            Immacolata raggiunse la maturità economica e dirigenziale, il clan era in crisi. Carcere
            e  pentiti  avevano  messo  a  repentaglio  il  certosino  lavoro  di  donna  Anna.  Ma

            Immacolata puntò tutto sul cemento, gestiva anche una fabbrica di laterizi al centro di
            Afragola.  L'imprenditrice  aveva  fatto  di  tutto  per  legarsi  al  potere  del  clan  dei
            Casalesi, che più di ogni altro gestisce sul piano nazionale e internazionale gli affari
            nel campo dell'edilizia e delle costruzioni. Secondo le indagini della DDA di Napoli,
            Immacolata  Capone  fu  l'imprenditrice  capace  di  riportare  le  ditte  dei  Moccia  a
            conquistare nuovamente la leadership nel campo dell'edilizia. A sua disposizione vi
            era la ditta MOTRER, una delle imprese più importanti nel campo del movimento terra

            del mezzogiorno italiano. Aveva messo su un impeccabile meccanismo - secondo le
            indagini  -  con  il  consenso  di  un  politico  locale.  Il  politico  concedeva  gli  appalti,
            l'imprenditore  li  vinceva  e  donna  Immacolata  li  prendeva  in  subappalto.  Credo  di
            averla  vista  soltanto  una  volta.  Proprio  ad  Afragola  mentre  stava  entrando  in  un
            supermarket. Le sue guardaspalle erano due ragazze. La scortavano seguendola con una

            Smart,  la  piccola  auto  biposto  che  ogni  donna  di  camorra  possiede.  Dallo  spessore
            delle  porte  però  quella  Smart  sembrava  blindata.  Nell'immaginario  le  guardie  del
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