Page 119 - Gomorra
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ragazza darla. Si decide nella maggior parte delle volte di non dare la mesata a nessuna
            delle due, girandola direttamente alla famiglia del carcerato e risolvendo così di netto
            il problema. Matrimonio o puerperio, sono gli elementi che garantiscono con certezza
            gli stipendi. I soldi vengono portati quasi sempre a mano, evitando così di lasciare
            troppe tracce sui conti correnti. Vengono portati dai "sottomarini". H sottomarino è la
            persona  che  viene  incaricata  di  distribuire  le  mensilità.  Li  chiamano  così  perché
            strisciano  sul  fondo  delle  strade.  Non  si  fanno  mai  vedere,  non  devono  essere

            facilmente  rintracciabili  perché  possono  essere  ricattati,  messi  sotto  pressione,
            rapinati.  Emergono  dalla  strada  d'improvviso,  arrivando  alle  stesse  case  seguendo
            percorsi sempre diversi. Il sottomarino cura gli stipendi dei livelli più bassi del clan. I
            dirigenti invece chiedono la somma di cui hanno bisogno di volta in volta e trattano
            direttamente  con  i  cassieri.  I  sottomarini  non  sono  parte  del  Sistema,  non  vengono

            affiliati; potrebbero, gestendo i salari, sfruttare questo ruolo fondamentale e aspirare a
            crescere nel clan. Sono quasi sempre pensionati, ragionieri di negozio, vecchi contabili
            di  bottega,  che  lavorando  per  i  clan  incassano  un  altro  stipendio  arrotondando  la
            pensione e soprattutto riuscendo a uscire di casa senza marcire davanti alla televisione.
            Bussano  il  28  di  ogni  mese,  poggiano  le  loro  buste  di  plastica  sui  tavoli  e  poi
            dall'interno della giacca, da una tasca gonfissima, cacciano una busta di carta con sopra
            scritto il cognome dell'affiliato morto o in galera e la danno alla moglie, o se non c'è al

            figlio più grande. Quasi sempre assieme alla mesata portano anche un po' di spesa.
            Prosciutto,  frutta,  pasta,  uova,  un  po'  di  pane.  Salgono  le  scale  strusciando  le  buste
            vicino alle pareti. Quello struscio continuo, i piedi pesanti, quello è il campanello del
            sottomarino. Sono sempre carichi come asini, comprano la spesa nelle stesse salumerie
            e dai medesimi fruttivendoli, fanno un unico carico che poi portano a tutte le famiglie.
            Si comprende quante mogli di carcerati o vedove di camorristi vivono in una strada da

            come il sottomarino è carico.

                 Don Ciro è stato l'unico sottomarino che sono riuscito a conoscere. È del centro
            storico, ha curato gli stipendi di clan ormai allo sbando ma che lentamente, in questa
            nuova fase fertile, stanno cercando di riorganizzarsi e non soltanto di sopravvivere. I
            clan dei Quartieri Spagnoli e per alcuni anni anche quelli di Forcella. Ora lavorava
            saltuariamente per il clan del quartiere Sanità. Don Ciro era talmente capace di trovare

            nel dedalo dei vicoli napoletani case, bassi, seminterrati, palazzi senza numero civico,
            case  ricavate  negli  angoli  dei  pianerottoli,  che  a  volte  i  postini,  che  si  perdevano
            continuamente, gli affidavano la posta da portare ai suoi clienti. Don Ciro aveva le
            scarpe sfondate, nel senso che l'alluce gli faceva un bozzo, come un bubbone, in punta e
            le  suole  erano  consumate  sul  tallone.  Quelle  scarpe  erano  davvero  l'emblema  del

            sottomarino e simboli autentici dei chilometri macinati a piedi per vicoli e salite, di
            percorsi  resi  più  lunghi  nelle  strade  del  corpo  di  Napoli,  assaliti  dalla  paranoia  di
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