Page 108 - Gomorra
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Il 27 febbraio da Barcellona arrivò la notizia dell'arresto di Raffaele Amato. Stava
            giocando in un casinò al black jack, cercava di alleggerirsi di liquidi. I Di Lauro erano
            riusciti  a  colpire  solo  suo  cugino  Rosario  bruciandogli  la  casa.  Amato,  secondo  le
            accuse  della  magistratura  napoletana,  era  il  capo  carismatico  degli  Spagnoli.  Era
            cresciuto  proprio  in  via  Cupa  dell'Arco,  la  strada  di  Paolo  Di  Lauro  e  della  sua
            famiglia. Amato era diventato un dirigente di spessore da quando mediava sui traffici

            di droga e gestiva le puntate d'investimento. Secondo le accuse dei pentiti e le indagini
            dell'Antimafia,  godeva  di  un  credito  illimitato  presso  i  trafficanti  internazionali,  e
            riusciva  a  importare  quintali  di  cocaina.  Prima  che  i  poliziotti  in  passamontagna  lo
            sbattessero  con  la  faccia  per  terra,  Raffaele  Amato  aveva  già  avuto  una  battuta
            d'arresto:  quando  venne  arrestato  in  un  hotel  a  Casandrino  insieme  a  un  altro

            luogotenente del gruppo e a un grosso trafficante albanese, che si faceva aiutare negli
            affari da un interprete d'eccellenza, il nipote di un ministro di Tirana.

                 Il 5 febbraio è il turno di Angelo Romano. Il 3 marzo Davide Chiarolanza viene
            ammazzato  a  Melito.  Aveva  riconosciuto  i  killer,  forse  gli  avevano  dato  persino
            appuntamento. È stato finito mentre tentava di scappare verso la sua macchina. Ma non
            è la magistratura, né la polizia e i carabinieri che riescono a bloccare la faida. Le forze

            dell'ordine  tamponano,  sottraggono  braccia,  ma  non  sembrano  riuscire  a  fermare
            l'emorragia  militare.  Mentre  la  stampa  insegue  la  cronaca  nera  inciampando  su
            interpretazioni e valutazioni, un quotidiano partenopeo riesce a raggiungere la notizia
            di un patto tra gli Spagnoli e i Di Lauro, un patto di pace momentanea, siglato con la
            mediazione del clan Licciardi. Un patto voluto dagli altri clan secondiglianesi e forse
            anche dagli altri cartelli camorristici, i quali temevano che il silenzio decennale sul

            loro potere potesse essere interrotto dal conflitto. Bisognava nuovamente permettere
            allo spazio legale di ignorare i territori di accumulazione criminale. Il patto non è stato
            trascritto  da  qualche  carismatico  boss  in  una  notte  in  cella.  Non  è  stato  diffuso  di
            nascosto, ma pubblicato su un giornale, un quotidiano. In edicola, il 27 giugno 2005 è
            stato possibile leggerlo, comprenderlo, capirlo. Ecco i punti d'accordo pubblicati:

                 1)  Gli  scissionisti  hanno  preteso  la  restituzione  degli  alloggi  sgomberati  tra

            novembre e gennaio a Scampia e Secondigliano. Circa ottocento persone costrette dal
            gruppo di fuoco di Di Lauro a lasciare le case.

                 2)  Il  monopolio  dei  Di  Lauro  sul  mercato  della  droga  è  spezzato.  Non  si  torna
            indietro.  Il  territorio  dovrà  essere  diviso  in  maniera  equa.  La  provincia  agli

            scissionisti, Napoli ai Di Lauro.
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