Page 111 - Gomorra
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di  Napoli:  Raffaele  Abbinante,  Enrico  D'Avanzo,  Giuseppe  Criscuoio,  Arcangelo
            Valentino, Maria Prestieri, Maurizio Prestieri, Salvatore Britti e Vincenzo Di Lauro.
            Uomini  ed  ex  uomini  del  boss,  ora  divisi  in  due  gabbie:  fedeli  e  Spagnoli.  Il  più
            elegante  è  Prestieri,  giacca  blu  e  camicia  Oxford  azzurra.  E  lui  il  primo  che  dal
            gabbione si avvicina al vetro di protezione che lo separa dal boss. Si salutano. Arriva
            anche Enrico D'Avanzo, riescono persino a bisbigliare qualcosa tra le fessure del vetro
            antiproiettile.  Molti  dirigenti  non  lo  vedevano  da  anni.  Suo  figlio  Vincenzo  non  lo

            incontra più da quando nel 2002 divenne latitante, rifugiandosi a Chivasso in Piemonte
            dove fu arrestato nel 2004.

                 Non staccai lo sguardo dal boss. Ogni gesto, ogni smorfia mi sembrava sufficiente
            per  riempire  intere  pagine  di  interpretazioni,  per  fondare  nuovi  codici  della

            grammatica dei gesti. Col figlio però avvenne un dialogo silenzioso strano. Vincenzo
            indicò con l'indice l'anulare della sua mano sinistra come per chiedere al padre: "La
            fede?". Il boss si passò le mani ai lati della testa, poi mimò un volante come se stesse
            guidando.  Non  riuscivo  a  decifrare  bene  i  gesti.  L'interpretazione  che  i  giornali  ne
            diedero fu che Vincenzo aveva chiesto al padre come mai fosse senza la fede e il padre
            gli avesse fatto capire che i carabinieri gli avevano tolto tutto l'oro. Dopo i gesti, gli
            ammiccamenti, i labiali veloci, gli occhiolini e le mani attaccate sul vetro blindato,

            Paolo  Di  Lauro  si  bloccò  in  un  sorriso  guardando  il  figlio.  Si  diedero  un  bacio
            attraverso  il  vetro.  L'avvocato  del  boss  al  termine  dell'udienza  chiese  di  poter
            permettere un abbraccio tra i due. Venne concesso. Sette poliziotti lo presidiarono:

                 "Sei  pallido"  disse  Vincenzo  e  il  padre  gli  rispose  fissandolo  negli  occhi:  "Da
            molti anni questa faccia non vede il sole".


                 I latitanti arrivano spesso allo stremo delle forze prima di essere catturati. La fuga
            continua mostra l'impossibilità di godere della propria ricchezza e questo rende i boss
            ancora più in simbiosi con il proprio stato maggiore, che diviene l'unica vera misura
            del loro successo economico e sociale. I sistemi di protezione, la morbosa e ossessiva
            necessità di pianificare ogni passo, la parte maggiore del tempo rinchiusi in una stanza
            a moderare e coordinare gli affari e le imprese fanno vivere i boss in latitanza come

            ergastolani  del  proprio  business.  Una  signora  nell'aula  del  tribunale  mi  raccontò  un
            episodio  della  latitanza  di  Di  Lauro.  D'aspetto  poteva  sembrare  una  professoressa,
            aveva  una  tintura  più  gialla  che  bionda,  con  evidente  ricrescita  alla  scriminatura.
            Quando iniziò a parlare aveva una voce rauca e pesante. Raccontava di quando Paolo
            Di  Lauro  ancora  girava  per  Secondigliano  costretto  a  muoversi  con  strategie

            meticolose. Sembrava quasi fosse dispiaciuta per le privazioni del boss. Mi confidava
            che Di Lauro aveva cinque auto dello stesso colore, modello e targa. Le faceva partire
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