Page 91 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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procedimenti giudiziari di natura penale o contabile».
              Benché  colpiti  dalla  celerità  della  risposta,  né  il  presidente  né  i
          componenti della commissione Antimafia facemmo caso alla firma di quel
          dirigente  cosi  solerte  e  anomalo  rispetto  all'andazzo  della  burocrazia

          regionale e alla normalità dei suoi comportamenti.
              Per ricordare quel nome e cominciare anche noi a interrogarci sul suo
          rigore, deve passare un anno, quando, il 5 luglio del 1999, nel parcheggio
          dietro al palazzo dell'assessorato regionale all'Agricoltura, quattro colpi di

          pistola  uccidono  un  funzionario  da  tutti  considerato  onesto,  integerrimo,
          sempre  disponibile  e  proiettato  soltanto  sul  lavoro  e  la  cura  della  sua
          famiglia.
              È  Filippo  Basile,  lo  stesso  che  un  anno  prima  aveva  collaborato  in

          solitudine con la commissione regionale Antimafia e con una esposizione
          personale che nessuno aveva valutato nella sua gravità e nel suo livello di
          rischio.
              La  precisione  e  la  tecnica  dei  killer  è  tipica  dell'agguato  mafioso.  Ma

          emerge subito una pista interna alla Regione. Del resto, la vittima aveva
          confidato alla moglie di sentirsi controllato, spiato, seguito, e di questo, nei
          giorni precedenti l'omicidio, era preoccupato.
              Basile ricopriva incarichi delicati, il più difficile ed esposto dei quali era

          quello  di  dirigente  dell'Ufficio  personale  dell'assessorato  Agricoltura  e
          foreste: in Sicilia è un vero e proprio ministero, con oltre 2800 dipendenti
          diretti più quelli delle aziende forestali e i lavoratori precari che lavorano a
          giornata, oltre ai dipendenti dei Consorzi di bonifica.

              Basile  partecipava  al  lavoro  delle  commissioni  per  le  indagini  interne
          all'amministrazione,  vere  e  proprie  inchieste,  parallele  a  quelle  della
          magistratura.  Era  anche  componente  della  commissione  Disciplina,  un
          organismo  «delicato»  che,  sulla  base  di  proprie  ispezioni  e  dei  propri

          rapporti,  decide  le  diffide,  le  sospensioni  e  anche  il  licenziamento  del
          personale.
              Insomma, in una realtà come quella siciliana, Basile era un uomo e un
          funzionario  pubblico  sovresposto.  Per  questo  gli  investigatori,  sin  dalle

          prime ore successive all'omicidio, insistono sulla pista interna, convinti che
          il movente sia collegato alla sua attività: cercano indizi tra le montagne di
          pratiche dell'assessorato, gli appalti, le perizie, i provvedimenti disciplinari
          di cui si era occupato e che portavano la sua firma.

              Ma,  non  appena  questa  pista  diventa  pubblica,  scatta  la  reazione
          dell'assessore all'Agricoltura, Totò Cuffaro, in quel momento giovane astro
          della politica neodemocristiana in Sicilia ma già esperto e abile gestore del
          potere.

              Poche  settimane  prima  dell'omicidio  del  suo  funzionario,  Cuffaro,
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