Page 87 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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ospiti, secondo le affinità politiche o sindacali, di questo o quel gruppo
parlamentare, di questo o quel singolo deputato.
Si crea così un meccanismo di reciproca dipendenza che, ogni volta che
si tratta di affrontare problemi del personale, induce la politica a produrre
scelte clientelari e consociative, cancellando le differenze tra i partiti e
occultando le responsabilità politiche che hanno determinato la situazione
che si vuole modificare o sulla quale si vuole intervenire a livello
legislativo.
Regolarmente, quando questo accade, i grandi giornali nazionali
gridano allo scandalo e denunciano le degenerazioni del sistema siciliano,
ma la politica dell'isola non si scompone se non per polemiche pubbliche
destinate a durare solo per qualche giorno.
Per trenta lavoratori di una cantina sociale in crisi, vicina al vecchio Pci
o ai Ds, che chiedono la loro legge di tutela, ce ne sono da garantire mille
dei consorzi di bonifica legati agli ex Dc e così, ecco pronta la «leggina» o
l'emendamento firmato da deputati di uno schieramento trasversale per
favorire gli uni e gli altri lavoratori, che l'Assemblea regionale approva
quasi sempre all'unanimità.
Ho fatto solo un esempio, ma se ne potrebbero fare centinaia e tutti
con dati e atti legislativi documentabili.
Anche i sindacati si sono fatti risucchiare in questo sistema, diventando
prigionieri di una visione corporativa che essi stessi hanno alimentato e che
mal tollera un'autonomia critica e di giudizio sugli interessi dei suoi stessi
rappresentati.
Nella seconda metà degli anni '90, si distingue solo la Federazione della
Funzione pubblica della Cgil, che conduce una battaglia per la trasparenza
e la legalità nella pubblica amministrazione, lotta contro la dipendenza
della burocrazia dalla politica, svela il ruolo della massoneria negli alti uffici
della Regione e il condizionamento che vi esercita, denuncia il sistema
della corruzione fino a ipotizzare l'esistenza di una vera e propria cosca
mafiosa all'interno degli uffici regionali.
Molte delle denunce finiscono sul tavolo del procuratore della
Repubblica Giancarlo Caselli, creando panico nell'amministrazione
regionale ma grande interesse nell'opinione pubblica che, ormai, anche per
effetto di alcune campagne di stampa nazionali, vive la macchina regionale
come un centro di interessi parassitari e un luogo di privilegi stridente con
la condizione sociale dell'isola. Ma quando questo sindacato rifiuta
legittimamente di firmare il nuovo contratto dei lavoratori regionali voluto
dal governo di centrosinistra presieduto dal diessino Angelo Capodicasa, la
Cgil siciliana costringe alle dimissioni il segretario della categoria, Michele
Vullo, che si era rifiutato di apporre la sua firma a fianco dei segretari di