Page 89 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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Non sto descrivendo un sistema illegale di relazioni tra politica e
cittadini, né intendo criminalizzare un modo d'essere della politica siciliana,
peraltro diffuso in tutto il Mezzogiorno, ma credo che nella degenerazione
di questo rapporto si perda il senso dei diritti collettivi e si alimenti un'idea
della politica e delle istituzioni nella quale la legalità dei diritti diventa
l'anomalia e le pratiche corruttive dei favori la normalità cui adeguarsi.
Questo processo degenerativo non si è sviluppato in modo spontaneo,
come una sorta di virus interno alla macchina burocratica che ha infettato
la politica, sino ad ammalarla e a modificarne la natura e le funzioni. È,
piuttosto, il prodotto di una precisa idea della politica che, invece di creare
condizioni di crescita dei diritti collettivi di cittadinanza, ha utilizzato la
condizione sociale per rendere le fasce di bisogno sociale o lo stesso
sistema di imprese interessato al rapporto con la Regione, assoggettati e
dipendenti dal potere politico.
In un contesto simile, è inevitabile che molte inchieste giudiziarie
incrocino l'attività dei vertici amministrativi di alcuni assessorati regionali e
che alcuni arresti arrivino anche per i dirigenti dell'amministrazione
pubblica.
Diritto alla privacy
La burocrazia siciliana non ha mai amato che si accendessero i riflettori su
di sé, sui suoi legami politici, sui suoi privilegi. Quando avviene, per effetto
di iniziative istituzionali o parlamentari, reagisce in modo scomposto, a
volte persino al limite della provocazione.
Nel giugno del 1998, la commissione parlamentare Antimafia
dell'Assemblea regionale siciliana, della quale sono componente, decide di
avviare un'inchiesta sulla pubblica amministrazione. L'indagine comincia
con una semplice richiesta a tutti gli assessori regionali di comunicare
l'elenco dei funzionari e dei dipendenti dell'amministrazione colpiti da
azioni giudiziarie o condannati per reati commessi nelle loro funzioni.
Una richiesta semplice, che riguarda atti pubblici, molti dei quali già
conosciuti perché resi noti, non senza clamore, anche dalla stampa siciliana
e nazionale.
L'iniziativa solleva un polverone e fa scoppiare un vero e proprio caso
politico. I vertici dell'assessorato regionale alla presidenza, da cui
dipendono i rapporti con tutto il personale della Regione, con una lettera
ufficiale alla commissione regionale Antimafia, si oppongono alla richiesta
e si appellano addirittura alla legge sulla privacy, rivolgendosi al garante
nazionale, per mettere in dubbio la legittimità dell'indagine parlamentare.