Page 93 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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anche se, in quei giorni, nessuno è in grado di vedervi un nesso.
              Dopo quattro mesi dall'omicidio di Basile, si scopre che il mandante del
          suo assassinio e di quello di Bonsignore è la stessa persona, Nino Sprio, un
          loro collega, uno dei funzionari dell'assessorato all'Agricoltura che lo stesso

          Basile  aveva  segnalato,  per  precedenti  vicende  giudiziarie,  alla
          commissione regionale Antimafia.




                                                Morire di trasparenza



          Quella  di  Bonsignore,  Basile  e  Sprio  è  una  storia  tutta  siciliana,
          incomprensibile e impossibile fuori dalle dinamiche di questa regione e del
          suo sistema di potere, delle logiche e degli interessi che portano la mafia a
          penetrare nella pubblica amministrazione e a stringere patti e alleanze con

          la politica.
              Giovanni  Bonsignore  è  uno  dei  due  ispettori  dell'assessorato  alla
          Cooperazione incaricato di condurre una inchiesta amministrativa, parallela
          a una inchiesta giudiziaria condotta dalla Procura di Agrigento.

              Si  tratta  di  fare  luce  sul  finanziamento  irregolare  alla  cooperativa  Il
          Gattopardo di Palma di Montechiaro. Secondo i magistrati la cooperativa ha
          collegamenti con le famiglie mafiose degli Allegro e dei Ribisi, tra le più
          importanti  della  mafia  agrigentina,  considerata  una  mafia  tra  le  più

          pericolose e molto intraprendente negli affari e nelle attività economiche e
          imprenditoriali.
              Bonsignore  scopre  che  un  suo  collega,  Nino  Sprio,  componente  del
          comitato tecnico incaricato dall'assessorato regionale di istruire le pratiche

          sui  contributi  alle  cooperative  è,  contemporaneamente,  vicepresidente
          della  stessa  cooperativa  che  ne  riceve  i  finanziamenti.  E  sempre
          Bonsignore, indagando su un'altra cooperativa, la Coop. Sicilia, scopre che
          questa non aveva mai svolto alcuna attività: non esistevano né i locali né

          le attrezzature, anche se, sulla base di una relazione presentata da Sprio,
          era stata ammessa a un finanziamento di oltre 61 milioni di vecchie lire.
              Gli elementi sono sufficienti per far venire a galla una vera e propria
          truffa ai danni della Regione.

              Il funzionario conclude l'indagine inviando una copia del suo rapporto
          amministrativo all'assessore regionale e una alla magistratura di Agrigento
          che l'acquisisce agli atti del processo.
              Il 30 aprile del 1990, la Corte di Cassazione conferma la sentenza di

          condanna di Sprio per truffa aggravata. Dopo soli nove giorni, il 9 maggio
          1990, Giovanni Bonsignore viene ucciso.
              Per dieci anni nessuno conoscerà il nome dei killer e dei mandanti di
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