Page 97 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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nell'organico della Regione.
Sono passati quattro anni dall'approvazione della legge e l'anagrafe
patrimoniale continua a essere bloccata tra le pastoie di una politica e di
una burocrazia che, in un rimbalzo di lettere, richieste di chiarimenti e
interpretazioni, pareri del Consiglio di giustizia amministrativa, di fatto
continuano a negare che si faccia luce e trasparenza su se stesse.
Questa è la palude della politica siciliana: una buona legge viene votata
all'unanimità perché, sotto la reazione emotiva per l'uccisione di un
funzionario regionale, nessun deputato vuole correre il rischio di essere
additato all'opinione pubblica come insensibile a questi problemi. Ma un
minuto dopo scatta il sabotaggio e l'azione di neutralizzazione degli effetti
della legge stessa.
Dall'omicidio di Basile, si sono succeduti tre presidenti della Regione e
diverse maggioranze di governo, ma è come se non fosse successo niente,
tutto è rimasto uguale.
Il rapporto tra la politica e i vertici della burocrazia, non tollera
intrusioni, è parte di un equilibrio interno al potere che in Sicilia, fino a ora,
nessuna legge è stata in grado di mettere in discussione.
Di Basile ormai si parla una volta all'anno, nelle commemorazioni per la
ricorrenza della sua morte.
Un mio disegno di legge per il riconoscimento di Basile e Bonsignore
come vittime della mafia, con i conseguenti benefici previsti per i familiari,
trasformato in emendamento della legge finanziaria del 2002, è stato
approvato all'unanimità dall'Assemblea regionale con il concorso diretto del
governo della Regione e, per iniziativa dei suoi colleghi di lavoro, sta
nascendo una fondazione intestata a Basile.
Nel 2003, il giorno del quinto anniversario, l'ex giovane assessore
all'Agricoltura, Totò Cuffaro, ormai presidente della Regione, si è
presentato alla commemorazione pubblica dell'ex funzionario, accolto
calorosamente dai familiari della vittima e osannato pubblicamente dal
fratello per il suo tenace impegno per la legalità.
Cuffaro è amico della famiglia, come lo era della vittima, e quanto
hanno scritto i giudici nella sentenza al processo di primo grado non
scalfisce questo legame.
Rimane solo il fatto che dieci giorni prima, proprio Cuffaro, per altre
vicende, aveva ricevuto un avviso di garanzia per concorso in associazione
mafiosa.
Questa è la Sicilia. Una terra dove non si vedono mai i confini delle
cose, dove tutto sfuma e si perde nei silenzi e nel non detto, in un gioco
delle ombre in cui spesso ci si confonde tra i personaggi del copione e gli
interpreti della realtà.