Page 81 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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autonomista.
              L'autonomia  regionale,  che  al  suo  nascere  fu  sostenuta  da  un  ricco
          dibattito politico-culturale oltre che dalla spinta di lotte sociali e movimenti
          di  massa,  come  quello  contadino  per  la  riforma  agraria,  si  è  via  via

          trasformata  da  forma  e  opportunità  di  autogoverno  in  uno  strumento  di
          scambio-dipendenza tra le classi dirigenti siciliane e quelle nazionali: ciò è
          avvenuto attraverso un patto politico e di potere cementato dal consenso
          elettorale offerto dalle une e dai flussi di denaro pubblico garantiti dalle

          altre.
              Il ruolo della mafia, anche in questo contesto, non è mai stato passivo:
          sin dal dopoguerra ha agito ed è intervenuta direttamente nell'evoluzione
          di questo processo, essendosi affermata, già con la strage di Portella della

          Ginestra  del  1°  maggio  1947,  come  uno  dei  soggetti  con  cui  le  classi
          dirigenti  dovevano  trattare,  stringere  alleanze  e  compromessi  per
          affermare la loro egemonia nella società.
              Del resto, già lo sbarco alleato del 1944 aveva offerto ai boss mafiosi

          siciliani il riconoscimento del loro ruolo di mediazione politica e sociale e la
          legittimità della loro centralità nel nuovo blocco politico agrario dominante
          in funzione antidemocratica e anticomunista, da parte dell'amministrazione
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          americana .
              Ovviamente non si può parlare di un processo politico che si snoda in
          modo  lineare  dalla  nascita  dell'autonomia  regionale  fino  ai  giorni  nostri.
          Anche  nel  suo  evolversi  ci  sono  state  contraddizioni,  strappi  e  autentici
          tentativi  di  rottura.  Tale  fu,  alla  fine  degli  anni  '50,  ad  esempio,

          l'esperienza  del  governo  Milazzo,  il  cui  programma  di  rinnovamento  di
          ispirazione autonomista, nell'Assemblea regionale, aveva il sostegno di uno
          schieramento parlamentare che andava dal Pci al Msi, con la Dc ufficiale,

          per  la  prima  e  l'unica  volta  nell'arco  di  cinquant'anni,  collocata
          all'opposizione.
              Anzi, fu proprio la rottura di questo partito, con una scissione guidata
          da  Silvio  Milazzo  che  diede  vita  al  movimento  dei  Cristiano  sociali,  a
          produrre, in nome dell'autonomismo siciliano, quello che sarebbe stato un

          vero tentativo di rinnovamento politico.
              Nonostante le contraddizioni, il tentativo di innovazione fu reale, anche
          se destinato ad avere vita breve sia per il contrasto con il nascente quadro

          politico di centrosinistra a livello nazionale, che per l'insostenibilità di un
          esperimento politico in cui il condizionamento e la forza parlamentare del
          Pci  era  determinante  in  un  quadro  internazionale  segnato  dalla  guerra
          fredda  che  assegnava  proprio  alla  Sicilia  e  al  suo  territorio  il  ruolo  di
          frontiera  militare  del  blocco  atlantico  e  del  fianco  sud  della  Nato  nel

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          Mediterraneo .
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