Page 76 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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transitare dal Msi al Psi e da qui, prima a Rinnovamento italiano e poi a
          Nuova Sicilia, diventa il pupillo di Bartolo Pellegrino. L'incontro, avvenuto
          tra le file craxiane del Psi trapanese, è di quelli che lasciano il segno e sono
          destinati a rafforzarsi nel tempo.

              Anzi, proprio alle elezioni regionali del 2001, Pellegrino lancia Di Marzo,
          che  per  poche  centinaia  di  voti  non  riesce  a  conquistare  la  poltrona  di
          deputato regionale. Arriva primo dei non eletti, dietro a un'altra pupilla di
          Pellegrino, Eleonora Lo Curto, che lo scavalca soltanto perché la sua città,

          Marsala,  conta  circa  100.000  abitanti,  contro  le  poche  migliaia  di
          Pantelleria.
              All'ombra  di  Pellegrino,  la  carriera  politica  di  Di  Marzo  sarebbe  stata
          comunque  florida,  se  i  poliziotti  della  squadra  mobile  di  Trapani  non  lo

          avessero  arrestato  con  l'accusa  di  associazione  mafiosa,  estorsione,
          minacce  a  pubblico  ufficiale,  lesioni  gravissime,  detenzione  di  armi  ed
          esplosivo.
              Praticamente  il  sindaco,  oltre  a  gestire  il  bilancio  del  comune,

          amministrava anche il libro mastro del racket delle estorsioni nell'isola.
              Grazie al suo ruolo istituzionale, fornisce a un gruppo criminale guidato
          da Nino e Antonio Messina, collegati alla potente famiglia mafiosa dei Virga
          di Trapani, l'elenco delle imprese che si aggiudicano i lavori nel territorio di

          Pantelleria. Cosi, per appaltare la sistemazione di una strada, riparare una
          rete  fognaria,  ristrutturare  una  scuola,  qualunque  imprenditore  deve
          pagare  il  2%  dell'importo  complessivo.  Una  sorta  di  tassa  comunale  sui
          lavori pubblici.

              Quando  qualche  imprenditore  si  ribella,  scattano  le  intimidazioni  e  le
          minacce ed è proprio il sindaco che, alla fine, si fa carico di persuadere i
          più riottosi presentandosi come uomo di buon senso e mediatore in grado
          di  scongiurare  il  peggio.  Quando  non  ci  riesce  con  argomenti  «politici»,

          mostra la foto di uno dei suoi soci armato di kalashnikov, con le cartucciere
          incrociate  sul  torace,  immortalato  in  mezzo  ai  giocattoli  nella  stanzetta
          della  sua  piccola  bambina,  un  po'  come  le  ultime  foto  dei  kamikaze  del
          terrorismo islamico scattate prima dell'attacco suicida e rese note dopo gli
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          attentati .
              La cosca è cosi sicura di sé che addirittura il sindaco riscuote i soldi di
          un «pizzo» direttamente nel suo ufficio al municipio e fa contare i quaranta

          milioni  sulla  sua  scrivania,  mentre  le  microspie  della  polizia  registrano
          tutto.
              Quando  il  geometra  dell'ufficio  tecnico  del  comune  scopre  delle
          irregolarità in un progetto e vi si oppone, anche per lui scatta la punizione
          di  cui  il  sindaco,  secondo  i  magistrati,  è  ben  consapevole:  il  geometra

          riceve per posta una videocassetta e, appena comincia ad aprirla, esplode
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