Page 57 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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Nessuno può affermare che in una terra come la Sicilia fenomeni di
questa rilevanza sociale, che coinvolgono centinaia di migliaia di persone e
che rappresentano un costo per i bilanci regionali, nascano, si riproducano
e si espandano spontaneamente o che siano una conseguenza ineluttabile
della disgregazione sociale e del tentativo della politica di darvi risposta
per contenere gli effetti socialmente devastanti della disoccupazione di
massa.
Si tratta di scelte di precarizzazione del lavoro e della società
progettate e alimentate per creare nuove forme di dipendenza sociale dal
sistema di potere e determinare, attraverso di esse, una condizione
permanente di subalternità del sottoproletariato e delle fasce più deboli
della popolazione.
La dipendenza del bisogno dalla politica diventa cosi l'altra faccia della
dipendenza della politica dal bisogno stesso, al fine di rigenerarsi nel suo
potere e di riprodurre il suo consenso elettorale.
Queste scelte, queste nuove figure sociali, questi gruppi di pressione,
contribuiscono alla creazione di un blocco sociale al cui interno convivono
la domanda di lavoro del giovane precario e del disoccupato con l'istanza
dell'imprenditore che manda avanti l'azienda con i flussi di denaro pubblico
e i contributi che distribuisce la Regione; il piccolo abusivo, che ha costruito
la casa per necessità familiare, con il grande speculatore edile o l'impresa
mafiosa che ricicla il denaro sporco costruendo i mega-residence turistici
che deturpano la costa e inquinano il mare.
È un meccanismo sociale classico, attraverso il quale interessi di classe
differenti si annullano nella loro natura antagonista, costretti a convivere e
sostenersi tra loro, per consegnare al sistema di potere e alle classi
dominanti il compito di mediarli e dargli rappresentanza politica e
istituzionale.
In Sicilia, dopo il tentativo di operare tagli alla spesa clientelare e di
avviare un progressivo risanamento del bilancio della Regione, portato
avanti dai due governi di centrosinistra guidati da Angelo Capodicasa tra il
1998 e il 2000, è ritornata a imporsi la politica delle maglie larghe:
finanziamenti assistenziali e clientelari, sussidi, espansione delle forme di
precariato, pratiche dei condoni e delle sanatorie, da quelli per le imprese
a quelli per l'edilizia.
Persino le nuove società miste, nate dalle privatizzazioni di alcuni
servizi o costituite per gestire le attività di lavoratori precari o in mobilità,
che avrebbero dovuto avere una finalità produttiva reale e di
riqualificazione del lavoro, hanno assunto le caratteristiche di bacini di
consenso politico-clientelare.