Page 35 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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nelle intermediazioni finanziarie, presente in consigli di amministrazione di
          imprese  e  società,  viene  chiamato  a  presiedere  collegi  sindacali  di
          importanti banche. Diventa, come ama definirsi, un tecnico della finanza
          ma anche, in modo silenzioso, un tecnico del potere.

              Però, come spesso accade in Sicilia, nonostante le famiglie e le storie
          personali  dei  due  Provenzano  siano  cosi  diverse  e  così  distanti,  sono
          destinate  a  incrociarsi  e  a  segnare  un  pezzo  del  percorso  e  della  vita
          dell'uno e dell'altro.


              A metà degli anni '80, il giudice Giovanni Falcone e i suoi colleghi del
          pool antimafia, si trovano sulla scrivania un lungo rapporto dei carabinieri
          sulle attività finanziarie del boss corleonese Bernardo Provenzano e della

          sua  compagna,  che  successivamente  diventerà  sua  moglie,  Benedetta
          Saveria  Palazzolo.  Sfogliando  il  rapporto  i  magistrati  capiscono  che
          l'oggetto vero dell'indagine non è il boss latitante ma un altro Provenzano,
          Giuseppe, un professore universitario il cui nome non era mai comparso in

          precedenza in un'inchiesta giudiziaria.
              Sulla base del dettagliato rapporto dei carabinieri, i magistrati spiccano
          il  mandato  di  arresto  per  il  professore.  La  cosa  ovviamente  fa  molto
          clamore.

              È  ancora  lontano  il  tempo  in  cui  le  cronache  giudiziarie  siciliane  si
          riempiranno  quotidianamente  di  nomi  di  imprenditori,  manager,
          professionisti  «al  di  sopra  di  ogni  sospetto»  coinvolti  in  affari  con  i  boss
          mafiosi.

              La vicenda anticipa ed è simile a tante altre alle quali ci abitueremo
          negli anni successivi, fino a farci, purtroppo, l'assuefazione.
              Come  sempre  e  per  tutte  le  cose,  in  Sicilia  il  ruolo  della  famiglia  è
          centrale,  nel  sistema  di  coesione  sociale  come  nella  costruzione  delle

          relazioni  con  le  organizzazioni  mafiose,  le  «altre»  famiglie.  Il  padre  del
          professore,  il  cavaliere  Sebastiano  Provenzano,  un  ricco  proprietario
          terriero, già negli anni '60 e '70 aveva avuto rapporti diretti con il vecchio
          patriarca mafioso di San Giuseppe Jato, Mariuccio Brusca, fratello del boss

          Bernardo e zio di Giovanni Brusca, colui che qualche anno dopo, assieme al
          fratello Enzo, scioglierà nell'acido il corpo del piccolo Giuseppe Di Matteo,
          per vendetta contro il pentimento del padre, Santino Di Matteo.
              Con  i  Brusca,  il  padre  del  professore  era  in  affari  e  gestiva  alcune

          società  armentizie  che  avevano  sede  legale  nello  studio  palermitano  del
          noto  commercialista  massone  e  mafioso,  Pino  Mandalari,  colui  che
          amministrava i beni e le società di Totò Riina e le attività della famiglia
          corleonese.

              Diversi pentiti, tra cui il boss di Altofonte Francesco Di Carlo, coinvolto a
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