Page 32 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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elettorale nell'isola, è sicura del suo successo. Nei pochissimi anni di vita
          ha  seminato  bene,  ha  radicato  il  movimento  nel  territorio,  creato  club
          azzurri  ovunque,  dalle  grandi  città  ai  più  piccoli  paesi  dell'entroterra
          siciliano.

              Eugenio  Randi,  uno  dei  più  stretti  collaboratori  di  Miccichè  e  Dell'Utri
          nell'organizzazione  del  Movimento  nell'isola,  in  un'intervista  su la
          Repubblica  nel  decennale  della  nascita  di  Forza  Italia,  ricorda  il  lavoro
          frenetico  dei  primi  giorni  del  1994:  «In  giro  per  la  Sicilia  -  afferma  -  ci

          attendeva una folla in ogni assemblea, ma sul palco facevamo salire solo
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          gli uomini che conoscevamo» . Quasi a dire, dieci anni dopo, che attorno a
          Forza Italia si stava raccogliendo di tutto e naturalmente il «tutto» in Sicilia

          è altra cosa da quello che può essere nelle altre regioni italiane.
              Nei club azzurri, dopo poche settimane, si ritrova la società che conta:
          imprenditori,  professionisti,  commercianti,  ex  assessori  e  consiglieri
          comunali  della  Prima  Repubblica,  operai  e  gente  del  popolo.  Sono  una
          rappresentanza in piccolo di un vero e proprio blocco sociale già egemone

          nella società siciliana e soprattutto nel suo ventre molle.
              Nei  quartieri  periferici  e  nelle  aree  socialmente  più  degradate  delle
          città,  ad  animare  i  club  azzurri  sono  spesso  i  capipopolo;  capi  di

          quell'esercito di precari, sottoproletari, ex carcerati ma anche di lavoratori
          impegnati in progetti socialmente utili - gli Lsu, come vengono definiti - che
          da  anni  vivono  di  soldi  pubblici  e  rappresentano  una  massa  di  manovra
          clientelare e un serbatoio di voti per i loro padrini politici di turno.
              In  diverse  realtà,  a  dirigere  i  progetti  degli  Lsu  e  delle  cooperative

          sociali sono direttamente gli uomini di Cosa nostra, che usano il malessere
          sociale e le forme di protesta violenta come armi di pressione e di ricatto
          politico.  Spesso  si  creano  scontri  anche  all'interno  del  movimento  dei

          precari,  tra  i  lavoratori  organizzati  dai  sindacati  confederali  e  quelli  del
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          sindacalismo di base .
              Nei  centri  delle  città  metropolitane  come  nei  grandi  e  medi  comuni
          della provincia invece i club hanno un'impronta borghese e a promuoverli

          sono  soprattutto  professionisti,  imprenditori,  commercianti,  medici  e
          avvocati  e  particolarmente  questi  ultimi  avranno  un  ruolo  centrale  nello
          scontro con la magistratura sulla giustizia e nella riapertura di un «dialogo»

          politico  con  la  mafia  e  con  i  suoi  esponenti  in  carcere.  Di  questo
          parleranno, negli anni successivi, diversi collaboratori di giustizia ma anche
          alcuni  capimafia  irriducibili  quando,  dopo  la  proroga  dell'art.  41  bis  del
          regolamento  carcerario  (il  carcere  duro  e  l'isolamento  per  i  boss  più
          pericolosi),  faranno  sentire  la  loro  voce,  gridando  al  tradimento  proprio

          verso quegli avvocati che, secondo loro, avrebbero «mediato» e «trattato»
          con loro il voto della mafia alle elezioni politiche del 2001.
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