Page 27 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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rapporti tra questa e la politica.
              Dal  lavoro  di  inchiesta,  emergono  i  meccanismi  e  le  relazioni  che
          collocano  il  ruolo  e  le  attività  di  alcuni  personaggi  della  politica  e  del
          mondo  economico  e  finanziario  siciliano  in  una  zona  di  frontiera  -  e  dai

          confini sempre più labili - tra attività legali e interessi illegali e mafiosi.
              In  questa  area  di  interessi  economico-sociali,  negli  ultimi  anni,  si  è
          ricostruito  quel  rapporto  di  commistione  e  di  organicità  tra  la  mafia,  la
          politica e l'economia che, rispetto al passato, ha modificato il sistema della

          delega  e  della  rappresentanza  istituzionale  e  pubblica  degli  interessi
          mafiosi.
              Si ripropone, quindi, il tema tanto discusso e controverso dell'uso che i
          magistrati  hanno  fatto  del  reato  di  «concorso  esterno  in  associazione

          mafiosa», reato che non esiste nel nostro codice penale ma che, negli anni,
          è  diventato  il  prodotto  del  combinato  di  diverse  sentenze  della  Corte  di
          Cassazione.  Non  si  tratta  di  un  problema  che  riguarda  soltanto  il  codice
          penale  ma  chiama  in  causa  più  complessivamente  il  rapporto  tra

          responsabilità  politica  e  penale  per  chi  ricopre  incarichi  istituzionali  o
          svolge funzioni e attività pubbliche.
              Si  può  essere  d'accordo  o  meno  sul  fatto  che  a  una  organizzazione
          criminale di tipo mafioso si aderisca, assumendosi la corresponsabilità di

          tutte  le  sue  azioni,  oppure,  non  facendone  direttamente  parte,  si
          contribuisca a un sistema di favoreggiamenti e di collusioni che, però, non
          può  prefigurare  un  concorso  diretto  o  esterno  al  perseguimento  dei  fini
          propri dell'organizzazione stessa.

              Cosi come si può condividere la storica posizione di Giovanni Falcone,
          secondo la quale non esiste un terzo livello come ambito di decisione e di
          direzione superiore alla commissione di Cosa nostra, la cosiddetta «cupola»
          mafiosa,  direttamente  collegato  alla  politica  e  a  settori  deviati  delle

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          istituzioni e degli apparati dello Stato , oppure ritenere che, comunque,
          esiste  un  intreccio  di  interessi,  tale  da  far  assumere  alla  politica  e  alla
          mafia decisioni e scelte «oggettivamente» convergenti.
              Sono  nodi  che  non  si  possono  eludere  e,  al  di  là  delle  risposte

          repressive e penali, richiamano problemi ben più complessi, come quello
          dell'autoriforma dei partiti e della politica dentro una riforma morale della
          società. Anche se ciò non risolve la questione dell'adeguamento del codice

          penale a questa nuova dimensione del fenomeno e al coinvolgimento nelle
          attività  economico-imprenditoriali  delle  organizzazioni  mafiose  di  settori
          sempre più estesi di ceti professionali e di figure dirigenti affermate della
          società.
              Ovviamente questo livello di problemi esiste solo se si accetta l'analisi

          di  una  mafia  che  si  alimenta  e  trae  forza  da  un  sistema  di  collusioni  e
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