Page 22 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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rappresentava  oltre  il  40%  dei  voti  e  una  struttura  di  potere  capillare  e
          ramificata sul territorio, si distribuisce tra Forza Italia e la galassia di sigle
          centriste. Rinascono anche partiti che sembravano scomparsi, dai socialisti
          ai repubblicani, dai socialdemocratici ai liberali. Ovunque riaprono le loro

          sezioni, eleggono consiglieri comunali, ottengono assessori, cominciano a
          riconquistare e ridistribuire potere e posti di sottogoverno.
              Nei comuni dove non esiste più la presenza organizzata del sindacato o
          della  sinistra  -  in  Sicilia  Ds  e  Rifondazione  sono  sempre  più  partiti

          d'opinione con scarso radicamento di massa - si moltiplicano i club di Forza
          Italia,  le  sedi  del  Ccd  e  del  Cdu  e  la  Cisl,  che  in  Sicilia  rappresenta  il
          sindacato  più  forte,  offre  la  sua  rete  organizzativa  a  supporto  di
          Democrazia europea, l'ulteriore partitino neodemocristiano fondato dall'ex

          leader sindacale Sergio D'Antoni.
              Nella migliore tradizione gattopardesca siciliana, riemerge anche quel
          vecchio  notabilato  politico  fatto  di  professionisti,  medici,  notai,  avvocati,
          burocrati  regionali:  al  borsino  elettorale  valgono  migliaia  di  voti  di

          preferenza.
              Per  ricostruire  questa  rete  di  uomini  e  interessi  sul  territorio  è
          fondamentale il lavoro e la regia degli uomini di Publitalia, due su tutti:
          Marcello Dell'Utri e Gianfranco Miccichè.

              Il risultato arriva nel 2001, quando la destra in Sicilia vince tutto: alle
          elezioni politiche di aprile, 61 collegi su 61 per l'elezione della Camera e
          del  Senato  vanno  alla  Casa  delle  libertà.  Non  avviene  in  nessun'altra
          regione italiana.

              Due mesi dopo, alle elezioni regionali di giugno, il candidato presidente
          del  centrodestra,  Totò  Cuffaro  -  quel  Totò  vasa  vasa  che  ritroveremo
          coinvolto in nuove inchieste su mafia e politica - ottiene quasi un plebiscito
          contro  Leoluca  Orlando,  candidato  del  centrosinistra  e  di  Rifondazione.

          Votano per Cuffaro 1.563.833 elettori, il 65%, mentre per Orlando 964.811,
          il  34,1%;  D'Antoni,  che  con  la  sua  candidatura  voleva  rompere  la  logica
          bipolare, si ferma a 114.136 voti, circa il 4%. Orlando viene sconfitto anche
          nella  sua  città,  Palermo,  che,  dopo  qualche  mese,  verrà  anch'essa

          conquistata da un anonimo sindaco di Forza Italia, Diego Cammarata.
              Ormai, tutti gli argini sono rotti. Il grande ritorno ha dato i suoi frutti e il
          ventre  molle  della  società  siciliana  ha  ritrovato  la  sua  rappresentanza
          politica naturale.

              Si ritorna allo status quo e ritrova un suo ruolo anche la mafia che da
          sempre, quando appare colpita e vicina alla sconfitta, riesce a rigenerare il
          suo potere, ricostruire consenso e a ricontrattare il rapporto con la politica
          e le istituzioni.

              In  questa  nuova  condizione,  all'indignazione  di  massa,  che  aveva
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