Page 17 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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A metà degli anni '90, per effetto di questi processi politici e per il
permanere della mobilitazione della società civile, il potere mafioso sembra
ridimensionato e Cosa nostra appare disinteressarsi delle sorti
amministrative del proprio territorio. In effetti, i boss si pongono in una
posizione di attesa, cercando di capire l'evoluzione del quadro politico e
della transizione istituzionale.
I nuovi sindaci aprono le case comunali alla società civile e nelle scuole
dei quartieri palermitani più degradati - da Brancaccio allo Zen - o in quelle
dei comuni ad alto tasso di presenza mafiosa, cominciano a farsi strada le
lezioni di cultura della legalità, là dove, dentro e fuori la scuola, anche tra i
ragazzi era imperante la cultura e la pratica dell'omertà e della
sopraffazione.
Nelle scuole salgono in cattedra i magistrati che conducono le inchieste
sulla mafia, i preti impegnati nel campo sociale, i familiari delle vittime
delle cosche, coloro che non hanno accettato il silenzio e sfidato la paura.
Con loro, i giovani diventano i veri protagonisti del risveglio e della
ribellione delle coscienze.
L'antimafia sembra vincere e appare possibile sconfiggere la
codificazione sociale dell'omertà anche nell'affermarsi di nuovi simboli: la
piazza centrale di Corleone prende il nome di piazza Falcone e Borsellino,
come l'aeroporto di Palermo e decine di vie e di istituti scolastici in tutta la
Sicilia.
Il lungomare di Terrasini diventa lungomare Peppino Impastato, in
memoria del giovane militante di Democrazia proletaria ucciso il 9 maggio
del 1978 dai killer del capomafia di Cinisi, Gaetano Badalamenti.
Attraverso l'azione amministrativa si prova a costruire un'antimafia
positiva, che vada oltre la denuncia e si affermi attraverso scelte concrete
di trasparenza, di socialità e di riconquista di spazi pubblici.
Si effettuano anche decine di sequestri e confische dei beni delle
cosche, patrimoni miliardari che i sindaci chiedono di riutilizzare mettendoli
al servizio della collettività.
Essere colpiti nelle loro proprietà è lo sfregio peggiore che i boss
possano subire: l'intoccabilità delle proprie ricchezze e dei propri patrimoni
è il simbolo stesso della loro forza e potenza sul territorio. Ma, come
sempre ciclicamente avviene, anche la mafia sente che deve riconquistare
il primato della sua forza nel territorio per riacquisire il consenso sociale
perduto. Reagisce con una campagna di intimidazioni contro gli
amministratori progressisti, individuati come i principali nemici.
Attorno alla metà degli anni '90, quasi ogni giorno c'è un attentato,
l'incendio di una macchina, il fuoco in una campagna, la distruzione di un