Page 15 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
P. 15

Corleone,  Altofonte,  San  Giuseppe  Jato,  Terrasini,  Montelepre,
          Partinico, Carini: tra il 1992 e il 1995, in tutti i comuni-simbolo della mappa
          e della storia del potere mafioso, vengono eletti sindaci progressisti.
              A  Palermo,  con  oltre  il  75%  dei  voti,  ritorna  sulla  poltrona  di  primo

          cittadino Leoluca Orlando. Negli anni precedenti, proprio sui legami tra il
          suo  partito  e  la  mafia,  Orlando  era  stato  protagonista  di  uno  scontro
          interno  alla  Dc  che  lo  contrappose  ad  Andreotti  e  agli  uomini  della  sua
          corrente in Sicilia capeggiati da Salvo Lima. Uno scontro portato fino alle

          estreme conseguenze: la scissione del partito. Di fatto, quella di Orlando è
          la  prima  vera  rottura  dell'unità  politica  dei  cattolici,  da  cui  nacque,  nel
          1991, il movimento politico La Rete, che riuscirà a eleggere una pattuglia
          di  deputati  sia  all'Assemblea  regionale  siciliana  che  al  parlamento

          nazionale.
              Orlando diventa il vero protagonista della politica siciliana della prima
          metà  degli  anni  '90  e  questo  gli  offre  anche  uno  spazio  di  iniziativa  e
          visibilità nella politica nazionale. Ha una grande capacità di comunicazione

          e sa cogliere il momento della crisi che investe la Dc in Sicilia e nell'intero
          paese,  anche  per  effetto  delle  prime  grandi  inchieste  della  magistratura
          che  coinvolgono  direttamente  questo  partito  e  i  suoi  gruppi  dirigenti.
          Percorre l'Italia, riempie cinema e aule universitarie in assemblee affollate

          di giovani e diventa uno dei simboli della lotta contro il vecchio sistema di
          potere.
              Come  sindaco  conduce  una  buona  azione  di  governo:  riporta  la  vita
          sociale  tra  quelle  strade  di  Palermo  insanguinate  da  anni  di  guerre  di

          mafia, tiene vivo il fermento dei movimenti antimafia e della società civile,
          fa della città una capitale culturale, progetta il recupero e il risanamento
          del  centro  storico,  blocca  il  disegno  speculativo  che  i  potentati  politico-
          economici  della  città  e  la  mafia  vorrebbero  realizzare  con  il  piano

          regolatore.
              Ma  è  anche  portatore  di  una  cultura  politica  nella  quale  convivono
          radicalismo  democratico,  giacobinismo  e  vocazioni  personalistiche  e
          presidenzialiste:  una  sorta  di peronismo  populista  che,  in  nome

          dell'affermazione  del  primato  della  società  civile  sulla  politica  e  i  suoi
          apparati,  favorisce  e  accentua  la  crisi  dei  partiti  e  della  loro  funzione  di
          rappresentanza e di mediazione sociale.
              In quegli anni, mentre a Milano il ciclone di Tangentopoli provoca un

          vero  e  proprio  terremoto  politico  e  istituzionale,  la  procura  palermitana
          estende le inchieste su mafia e politica. L'effetto incrociato della crisi dei
          partiti  e  l'azione  giudiziaria  farà  da  detonatore  a  una  più  generale  crisi
          della politica e del sistema.

              Una  parte  delle  classi  dirigenti  dei  partiti  tradizionali,  da  sempre  al
   10   11   12   13   14   15   16   17   18   19   20