Page 20 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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Anche la stagione di Orlando è ormai al declino: nel 1999 viene rieletto
          sindaco di Palermo, ma il suo consenso elettorale scende da oltre il 75%
          delle elezioni del 1994, a poco più del 50%.
              Il  riflusso  della  società  civile  non  trova  un  argine  neanche  nei  partiti

          storici della sinistra, colpiti anch'essi dall'azione demolitrice delle pratiche
          peroniste  di  Orlando  e  degli  altri  sindaci  che,  eletti  direttamente  dal
          popolo, non hanno accettato alcun confronto con i partiti e spesso hanno
          abbandonato  quelli  di  provenienza  per  dare  vita  a  liste  civiche  e

          aggregazioni personali. Non è un caso se di quella stagione ciò che rimane
          è  un  ceto  politico  ancora  in  cerca  di  collocazione  e  uno  stuolo  di
          «consulenti» pronti a lavorare nel mercato della politica senza pregiudizi di
          schieramento.

              In questo mutato clima, sull'emergenza mafiosa si impone il bisogno di
          normalità. La propone anche Orlando che, abbandonati i furori giacobini e
          l'antimafia  etica  che  avevano  caratterizzato  la  breve  stagione  politica  e
          l'esistenza stessa della sua Rete, in ogni occasione pubblica auspica una

          Palermo  normale,  nella  quale  anche  il  ruolo  della  mafia  possa  essere
                                                                               5
          ricondotto  a  quello  di  una  semplice  criminalità .  In  questo  contesto
          mistificante e drogato, il Commissario dell'Onu per la lotta al crimine e alla

          droga,  Pino  Arlacchi,  al  vertice  mondiale  delle  Nazioni  Unite  sulla
          criminalità  e  narcotraffico,  promosso  a  novembre  del  '99  proprio  nel
          capoluogo  siciliano,  afferma  che  nel  2010  la  mafia  sarà  definitivamente
          sconfitta. Ovviamente nessuno può credere a simili sciocchezze, anche se
          l'affermazione,  invece  che  provocare  irrisione  e  burla,  riaprirà  una  delle

          tante polemiche giornalistiche sul tema.



                                                 Tra presente e futuro


          Di certo, dalla fine degli anni '90, non si spara più.

              Il vecchio capomafia corleonese e nuovo capo indiscusso di Cosa nostra,
          Bernardo Provenzano, sopravvissuto a oltre quaranta anni di latitanza, ha
          imposto la sua linea: con la politica e lo Stato si dialoga, si media, si tratta.
          La  scelta  è  chiara:  occorre  ricreare  le  condizioni  per  una  serena  e

          patteggiata gestione dei nuovi flussi di denaro pubblico.
              Lo scontro frontale con lo Stato e le stragi esportate anche fuori dalla
          Sicilia, come avvenuto per tutto il 1993 con gli attentati di Roma, Firenze e
          Milano,  sono  state  un  vero  e  proprio  boomerang:  dovevano  riaprire  una

          interlocuzione con le istituzioni per costringerle ad alleggerire le condizioni
          dei boss in carcere e ad allentare le maglie della repressione nel territorio
          e hanno prodotto esattamente il contrario.
              In  Sicilia,  con  l'operazione  «Vespri  siciliani»,  sono  arrivati  addirittura
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