Page 28 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
P. 28

protezioni politico-istituzionali e vive e si rigenera all'interno della struttura
          economico-imprenditoriale della società, non come fattore esterno o corpo
          malato, ma come elemento costitutivo e dinamico della sua modernità.
              In  questo  sistema  di  relazioni  l'organizzazione  mafiosa  opera  uno

          scambio di favori e benefici di carattere politico, istituzionale ed economico
          non sempre identificabili facilmente e alla luce del sole, quindi perseguibili,
          nel loro carattere criminale, attraverso l'azione penale.
              Se questa è la convinzione, occorre chiedersi se e come sia possibile

          intervenire  per  combattere  questo  livello  della  presenza  mafiosa,  senza
          cadere  nella  generica  criminalizzazione  di  interi  «mondi»  politici  e
          imprenditoriali,  ma  anche  senza  ridurre  tutto  a  un  problema  di  dibattito
          sociologico  o  di  inchiesta  giornalistica,  inefficaci  a  colpire  la  materialità

          degli interessi e delle relazioni mafiose di una parte grande della borghesia
          dominante siciliana.
              La  politica  deve  trovare  la  forma  di  non  delegare  alla  giustizia  e  la
          giustizia deve trovare risposte che abbiano la certezza e l'indiscutibilità di

          prove giudizialmente valide e condivisibili.
              Mi pare invece che, nei comportamenti e nelle azioni della politica, si
          stia  regredendo  agli  anni  in  cui  la  mafia  veniva  rappresentata  nella  sua
          arcaicità  e  nei  tribunali  ci  finivano  soltanto  i  «picciotti»  e  la  piccola

          manovalanza,  mentre  i  boss  continuavano  indisturbati  a  svolgere  le  loro
          attività e a frequentare i salotti bene della società palermitana.
              Erano  gli  anni  in  cui  se  un  mafioso  come  Leonardo  Vitale,  nel  1974,
          parlando  di  Cosa  nostra,  denunciava  l'esistenza  di  una  struttura

          organizzata e omogenea, con l'esistenza di una «cupola» che ne dirigeva
          tutte le scelte, prima veniva dichiarato pazzo e internato in un manicomio
          criminale dagli stessi magistrati che ne avevano raccolto le dichiarazioni e,
          poco dopo la sua rimessa in libertà, lasciato morire sotto il piombo di Cosa

          nostra.
              Oggi sta ritornando quel clima: il livello delle denunce, l'affidabilità dei
          collaboratori  di  giustizia,  l'azione  dei  magistrati  e  le  loro  inchieste  sono
          ritenute  legittime  e  credibili  quando  affrontano  i  livelli  più  bassi  della

          gerarchia  criminale  mafiosa,  ma  diventano  inaccettabili  strumenti  di
          orchestrati  complotti  politici  quando  si  spingono  alle  collusioni  e  alle
          relazioni con la politica, il potere e le istituzioni.
              È uno strano paese l'Italia: tutti affermano che senza queste collusioni e

          questi  favori  istituzionali  la  storia  di  Cosa  nostra  e  quella  dell'Italia
          sarebbero  state  diverse,  ma  quando  si  prova  a  dimostrarlo  sul  piano
          giudiziario,  secondo  gli  esponenti  del  centrodestra  e  i  loro  mezzi  di
          informazione,  diventa  un  esercizio  di  dietrologia  fuori  dalla  realtà,  un

          complotto  giudiziario  orchestrato  e  diretto  politicamente  al  fine  di
   23   24   25   26   27   28   29   30   31   32   33