Page 126 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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Ma questo limite, di fatto, impedisce alla politica di affermare il proprio
          primato, operando scelte, indipendentemente dai tempi della magistratura,
          tese  a  rendere  coerenti  rigore  etico  e  permanenza  nei  ruoli  politici  e
          istituzionali.

              Anche se rinviato a giudizio, colpito da accuse gravissime, come quelle
          di  concorso  esterno  in  associazione  mafiosa  e  favoreggiamento,  un
          presidente della Regione può continuare a governare senza impedimento
          di  ordine  formale,  trasmettendo  alla  società  e  al  mondo  economico  un

          messaggio di illegalità e non trasparenza delle istituzioni.
              Eppure io credo che un salto di qualità nel rapporto tra mafia e politica
          sia  avvenuto  anche  grazie  a  questi  nuovi  meccanismi  elettorali  e
          istituzionali.  Con  questo  non  voglio  affermare  che  il  vecchio  sistema

          proporzionale  conteneva  le  difese  immunitarie  dalla  penetrazione  della
          mafia nella politica. Se lo facessi smentirei tutte le analisi sin qui svolte e
          negherei la dura storia della Sicilia e dell'Italia degli ultimi cinquanta anni.
              Il problema che si ripropone e va affrontato riguarda la capacità della

          mafia  di  adeguarsi  a  tutti  i  meccanismi  istituzionali  e  di  utilizzare  tutti  i
          sistemi elettorali.
              È quindi compito della politica costruire le difese e i meccanismi meno
          discrezionali possibili per consentire alla magistratura di svolgere il proprio

          compito  senza  interferire  nella  politica,  ma  anche  alla  politica  stessa  di
          difendersi dalle penetrazioni mafiose e di salvaguardare il carattere legale
          e la trasparenza delle istituzioni democratiche.




                                                  La legalità elastica



          Passa appena un mese dal primo avviso di garanzia a Cuffaro e, il 24 luglio
          del 2003, a ricevere un nuovo avviso di garanzia per associazione mafiosa
          è  il  vicepresidente  dell'Assemblea  regionale  siciliana,  il  diessino  Mirello

          Crisafulli.
              L'inchiesta parte dalle intercettazioni telefoniche e ambientali di un ex
          avvocato  penalista  di  Enna,  Raffaele  Bevilacqua,  chiamato  da  Bernardo
          Provenzano alla guida della «cupola» mafiosa della sua provincia.

              Bevilacqua  è  già  stato  arrestato  e  ha  subito  una  condanna  in  primo
          grado ali anni e 6 mesi di reclusione. Dopo essere stato espulso dall'Ordine
          degli avvocati avvia una attività imprenditoriale nel campo dell'edilizia e,
          contemporaneamente,  secondo  le  indagini  della  magistratura  e  della

          polizia, guida le cosche, gestisce il racket, impone il pizzo, dal quale non
          sfuggono  neanche  gli  operai  della  sua  impresa,  che  ogni  mese  devono
          versare una quota del loro salario al boss-padrone.
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