Page 130 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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VI. Senza fine







              Con le vicende raccontate in questo libro spero di aver contribuito a far
          comprendere cosa è avvenuto e cosa sta avvenendo in Sicilia.
              Sono  storie  che  riguardano  la  politica  e  le  istituzioni  ma  anche  la

          società, l'economia, la cultura, da cui emergono modi d'essere, costumi e
          comportamenti sociali radicati e diffusi.
              Non ho mai creduto alle teorie dell'autonomia del politico né in quelle
          dell'autonomia del sociale. Per questo non credo che la storia della Sicilia

          sia caratterizzata da una corruzione e da una degenerazione delle classi
          dirigenti  politiche  e  imprenditoriali  a  fronte  di  una  società  civile  pura  e
          sana.
              Sono invece convinto che il carattere eversivo delle classi dirigenti e dei

          governi che si sono succeduti abbia contribuito a mutare profondamente i
          comportamenti  sociali,  alimentando  domande  e  bisogni  funzionali  a  un
          circolo vizioso di cause-effetto nel quale la mafia ha trovato un suo ruolo,
          fino a diventarne centrale e persino egemone.

              Avrei  potuto  continuare  a  scrivere  di  altri  fatti,  altre  vicende  e  altri
          uomini.  Lo  fanno  quotidianamente  tanti  bravi  cronisti  giudiziari  nel
          disinteresse più generale della politica e dell'opinione pubblica e spesso dei
          loro stessi giornali.

              Avrei  potuto  aprire  il  capitolo  del  ponte  sullo  Stretto  di  Messina  e
          raccontare del verminaio di questa città e della sua università, dei rapporti
          tra la 'ndrangheta, la massoneria e le classi dirigenti: una storia esplosa
          solo pochi anni fa e già dimenticata, mentre tutti i protagonisti continuano

          a  fare  quello  che  facevano.  O  scrivere  del  grande  affare  dei  rifiuti  e
          dell'intreccio  tra  imprese,  amministratori  locali  e  politica  regionale  e
          nazionale. O, ancora, avrei potuto dilungarmi su altre storie di cooperative
          rosse  e  di  dirigenti  del  vecchio  Pci,  che  già  ai  tempi  di  Pio  La  Torre

          venivano individuati come punto di inquinamento del partito, e raccontare
          come il capo di Cosa nostra, Bernardo Provenzano, abbia sempre sostenuto
          una linea di coinvolgimento politico anche degli amministratori comunisti,
          per creare un sistema di affari e di cogestione degli appalti senza steccati

          ideologici.  Alcune  di  queste  vicende,  gravissime  in  sé,  hanno  però
          dimostrato  forme  di  coinvolgimento  marginali,  rispetto  all'ossatura  di  un
          sistema di potere che, negli anni, si è alimentato dello scambio politico-
          mafioso e con esso continua a rigenerarsi.

              Oppure, avrei potuto scrivere del processo in corso contro il deputato
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