Page 115 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
P. 115

Tra  il  1981  e  il  1984,  fra  morti  ammazzati  e  lupare  bianche,  nel
          quartiere si contano 150 vittime.
              Ed  è  sempre  a  Brancaccio  che,  il  15  settembre  del  1993,  i  fratelli
          Giuseppe e Filippo Graviano fanno uccidere padre Pino Puglisi, il parroco

          della chiesa di San Gaetano: i boss non tollerano più le sue parole, le sue
          denunce, le sue azioni, il lavoro con i bambini e i genitori che si sentono
          soffocati dalla cappa mafiosa che avvolge il quartiere e, per la prima volta,
          trovano la forza di reagire.

              Il parroco ha carisma e comincia a conquistare i ragazzi alla vita sociale
          della  parrocchia,  gli  si  avvicinano  anche  i  figli  di  quei  mafiosi  il  cui
          ambiente familiare ha già predeterminato il loro futuro.
              In  un  territorio  in  cui  la  mafia  controlla  tutto  e  nelle  cui  strade  sono

          cresciuti killer tra i più spietati di Cosa nostra, padre Puglisi è una presenza
          ingombrante.  Lasciarlo  fare  avrebbe  minato  la  credibilità  dell'intero
                                                           53
          mandamento mafioso e dei suoi capi .
              Dopo  la  sua  morte  e  la  iniziale  reazione  emotiva  della  gente  e  delle

          istituzioni, tutto è ritornato come prima.
              A  Brancaccio  la  mafia  continua  a  controllare  tutto:  le  attività
          economiche,  gli  esercizi  commerciali,  i  mercati,  le  scuole.  Ma  i  fratelli

          Graviano, che per un decennio hanno deciso della vita e della morte dei
          suoi abitanti e con Riina hanno avuto un ruolo attivo nelle stragi del 1992 e
          negli attentati a Roma e in Toscana del 1993, ora sono in galera e con loro
          anche Salvatore Grigoli, l'assassino di padre Puglisi, diventato collaboratore
          di giustizia.


              Un mandamento con questa storia ha bisogno di un capo autorevole,
          con un ruolo sociale riconosciuto e una forte capacità di tessere relazioni

          «politiche».
              Giuseppe  Guttadauro,  un  chirurgo  noto  nel  quartiere  e  in  città,  è  la
          persona giusta.
              Nel primo maxiprocesso contro Cosa nostra del 1986, è proprio l'attuale
          procuratore capo della Repubblica, Pietro Grasso, allora giudice a latere, a

          scrivere la prima condanna, poi passata in giudicato, contro il medico di
          Brancaccio ora richiamato alla guida del mandamento.
              La  condanna  al  maxiprocesso,  che  allora  fece  scalpore,  non  è  un

          marchio  negativo  per  chi  lo  frequenta,  tesse  rapporti  con  lui,  costruisce
          trame, decide candidature e organizza campagne elettorali. Anzi.
              Giuseppe Guttadauro, diventa amico di Mimmo Miceli, un giovane bene,
          cresciuto nel movimento giovanile della Dc sin dai tempi dell'università: fa
          parte  della  cerchia  ristretta  di  amici  di  Cuffaro  e  il  boss  lo  sceglie  come

          tramite con il presidente e con gli altri ex giovani democristiani diventati,
   110   111   112   113   114   115   116   117   118   119   120