Page 113 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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dovrebbero  avere  comportamenti  politici,  istituzionali  e  personali
          conseguenti.
              Sono affermazioni giacobine o «giustizialiste»? Non credo. Soprattutto
          in una terra di mafia, dove la funzione pubblica non può non riguardare

          anche la coerenza e la trasparenza dei comportamenti individuali e privati.
              Questa  consapevolezza  dovrebbe  essere  propria  della  politica,  invece
          l'ha  dovuta  esprimere  con  chiarezza  il  gip  del  Tribunale  di  Palermo,
          Giacomo Montalbano, che, nell'ordinanza di arresto per il deputato, scrive:

          «Non  è  certamente  favorevole  al  Borzacchelli  l'aver  commesso  reati  da
          membro  di  uno  dei  più  antichi  e  prestigiosi  parlamenti,  simbolo  e  vanto
          della libertà e democratica espressione del popolo siciliano del quale solo
          onore e privilegio è portarne le nobili espressioni di civiltà e ribellione ai

          soprusi.  Proprio  di  quelle  prevaricazioni  e  vessazioni,  di  quel  disonore  e
          slealtà, quella scorrettezza e biasimo che invece trasudano dalle esaminate
          condotte,  grondano  copiose,  marchiano  indelebilmente  chi  in  esse  si  è
          avvolto nel fango di una immonda pozza».

              Per quanto mi riguarda credo di avere fatto bene a non partecipare alla
          gara della solidarietà e ad abbandonare la riunione denunciando la farsa di
          quell'audizione  e  di  quegli  atteggiamenti  squallidamente  consociativi,
          chiedendo,  con  la  presentazione  di  un  apposito  disegno  di  legge,  lo

          scioglimento della commissione regionale Antimafia.
              Ora  Borzacchelli  è  in  galera  e  deve  rispondere  di  reati  gravissimi.  Il
          maresciallo  Ciuro  ha  dichiarato  che  era  lui  la  persona  alla  quale
          comunicava le notizie delle indagini su Aiello e delle microspie installate a

          casa  del  boss  di  Brancaccio,  Giuseppe  Guttadauro,  e  un  altro  medico
          coinvolto nell'inchiesta, Salvatore Aragona, afferma che sarebbero stati lui
          e Cuffaro a mettere sull'avviso gli interessati.
              Cuffaro  non  ha  mai  negato  l'amicizia  con  Aiello  che,  tra  l'altro,  ha

          salvato la moglie dal fallimento del suo laboratorio di analisi.
              Il  presidente,  sempre  in  una  intervista  al Corriere  della  sera,  al
          giornalista  che  gli  chiede:  «Si  pente  di  aver  sostenuto  Aiello,  adesso
          sospettato di nascondere persino Provenzano?», risponde: «E che ne so io

          di  Provenzano?  So  solo  che  vedevo  una  struttura  ottima  per  alleviare  le
          sofferenze  dei  malati  di  tumore».  E  alla  domanda  sul  perché  non  si  sia
          sostenuta  con  la  stessa  determinazione  la  riqualificazione  delle  strutture
          della sanità pubblica, la risposta è secca e di quelle già sentite in Sicilia:

          «Vogliamo condannare l'imprenditoria privata che ha deciso di investire in
                                52
          questo campo?» .




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