Page 908 - Shakespeare - Vol. 4
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Che era davvero senza limiti,
Una fiducia senza confini! E lui,
Ormai padrone non solo dei miei beni
Ma di quant’altro il mio potere
Era in grado di esigere,
Come chi, a forza di mentire,
Induce la propria memoria
A peccare talmente contro il vero
Da credere alla sua stessa menzogna...
Lui credette d’essere realmente il Duca,
Dato che mi sostituiva, ed eseguiva
Gli atti esterni della regalità,
Con ogni prerogativa... Così,
Crescendo la sua ambizione... Mi senti?
MIRANDA
Il vostro racconto, signore,
Guarirebbe dalla sordità.
PROSPERO
Affinché non vi fosse più uno schermo
Tra la parte che recitava
E chi sostituiva in quella parte,
Doveva per forza diventare
Il vero Duca di Milano... Io, poveruomo,
La mia biblioteca era un ducato
Già fin troppo vasto... lui,
Mi crede ormai incapace
Di governo temporale, s’accorda,
Nella sua sete di potere,
Col Re di Napoli, s’impegna
A pagargli un tributo annuo,
A fargli omaggio,
A rendere la sua più piccola corona
Suddita di quella grande di lui,
Costringendo il Ducato, fin qui mai sottomesso
− Ah! povera Milano! −
Al più ignobile inchino.