Page 622 - Shakespeare - Vol. 4
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i loro particolari guadagni, farebbero
               ciò che disfarebbe il fare oltre: già, e tu
               suo coppiere, − che io da bassa condizione
               ho innalzato a nobili cariche, che puoi vedere

               chiaro come il cielo la terra e la terra il cielo,
               come io sono amareggiato, − potresti drogare una coppa,
               per dare al mio nemico una smorfia che gli resti
               sulla bocca, e a me un cordiale.



              CAMILLO

                               Mio signore,
               potrei farlo, e non con una pozione fulminea,
               ma un farmaco lento, che non operi
               improvviso, come il veleno: ma non posso credere
               incrinata la mia nobile padrona

               (che io credo e rispetto come mia regina).
               Io ti ho amato,      13   −



              LEONTE
                               E allora dubita, e va’ all’inferno!
               Mi credi così confuso e dissennato,

               da ordinarmi da me questa tortura;
               da inquinare la purezza e il candore delle mie lenzuola,
               (che conservate danno il sonno, ma macchiate
               diventano pungoli, spine, ortiche, aghi di vespa)

               gettare scandalo sul sangue del principe, mio figlio,
               (che io credo mio e amo come mio)
               senza maturate ragioni? Farei cosa del genere?
               A questo punto si può diventar pazzi?



              CAMILLO

                               Debbo credervi, sire:
               vi credo; e toglierò di mezzo il Boemia;
               purché, rimosso costui, vostra altezza
               riprenderà la sua regina, come prima,
               almeno per amore di vostro figlio, e poi per sigillare

               le lingue maldicenti in corti e regni
               a voi noti e alleati.
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