Page 620 - Shakespeare - Vol. 4
P. 620

anche quando l’azione urlava
               per esser eseguita, fu una paura
               che spesso infetta i più saggi: queste, sire,
               sono perdonabili debolezze di cui l’onestà

               non è esente. Ma, supplico vostra grazia,
               d’essere più franco con me; scopritemi l’offesa
               col suo vero volto: se non la riconosco,
               non è mia di certo.



              LEONTE

                               Non avete visto, Camillo?
               (Ma dovete aver visto, o sull’occhio avete un cristallino
               più denso d’un corno di cornuto) o udito?
               (Poiché non può non correr voce davanti a
               visione così lampante) o pensato? (Poiché

               non sa pensare chi così non pensa)
               che mia moglie scivola? Ammetterai,
               se non lo neghi spudoratamente,

               d’avere occhi, orecchi, intelligenza,
               e allora di’ che mia moglie è una donna leggera,
               e merita il nome di una qualsiasi filatrice
               che si concede prima delle nozze: dillo, e dammene le prove!



              CAMILLO
               Io non resterei a sentire

               la mia regina così oltraggiata, senza
               prendere immediata vendetta: ch’io possa morire,
               se avete detto mai parole più sconvenienti
               di queste; ripeterle soltanto, anche se fossero vere,

               sarebbe un peccato più nero delle vostre accuse.



              LEONTE
                               Non è niente bisbigliare?
               Appoggiarsi guancia a guancia? Sfiorarsi naso a naso?
               Baciarsi a labbra aperte? Interrompere
               il riso con un sospiro (segno infallibile

               di onestà spezzata)? Premersi i piedi?
               Imboscarsi negli angoli? Desiderare orologi più rapidi?
   615   616   617   618   619   620   621   622   623   624   625