Page 421 - Shakespeare - Vol. 4
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il suo elogio e scommisi con lui una somma
d’oro per questo anello (che egli allora portava
all’onorato dito), sostenendo che sarei riuscito,
corteggiando lei, a sostituire lui nel sul letto,
vincendo così l’anello con l’adulterio. Egli,
da vero cavaliere, e certo della fedeltà
della sua donna (tale come poi la riscontrai),
mise in palio l’anello, e l’avrebbe fatto
anche se fosse stato un rubino del carro di Febo:
d’altronde, con pari sicurezza avrebbe potuto
impegnare l’intero carro. Spinto da quest’intento,
partii per la Britannia. Forse, signore,
ricorderete il mio arrivo a corte, dove la vostra
casta figlia m’insegnò lo scarto tra amore e infamia.
Estinta così la mia speranza, ma non il desiderio
di vittoria, la mia italica mente si adoperò vigliacca
a operare sulla vostra britanna lentezza, che servì
egregiamente al mio tornaconto. Per farla breve,
tanto funzionò il mio raggiro che, rientrato con prove
fittizie, portai alla follia il nobile Leonato,
ferendo la sua fiducia nell’onestà di lei.
Questo dettaglio e quell’altro: descrizioni accurate
degli arazzi della sua camera e delle scene ivi descritte,
questo suo braccialetto (ah, con quale scaltrezza
me lo procurai) e, perfino, segni particolari sul suo corpo:
sicché non poté non pensare infranto il vincolo
della sua castità, avendone io preso il pegno.
Dopo di che… Mi sembra di vederlo…
POSTUMO
[facendosi avanti]
E mi vedi davvero, demonio d’un italiano!
Quanto a me, fesso credulone, emerito
assassino, ladro e tutto ciò che spetta alle
canaglie passate, presenti e a venire!
Oh, a me una corda, un coltello, un veleno,
un giudice retto! Tu, re, imbastisci ingegnose
torture: sono io che riscatto le più nefaste