Page 40 - Shakespeare - Vol. 4
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cercano fiato per proclamare quelle pene ancor più forte,
cosicché, se il cielo dorme mentre le sue creature
mancano di tutto, esso possa svegliarsi in loro aiuto
e confortarle? 71 Perciò io darò voce alle nostre pene,
patite ormai da anni, e quando mi mancherà fiato per dirle
mi aiuterò col pianto.
DIONISA
Farò del mio meglio, signore.
CLEONE
Questa Tarso, di cui io ho il governo,
una città su cui l’abbondanza cadeva a piene mani,
cospargendone di ricchezze perfino le strade;
le cui torri si levavano così alte da baciar le nuvole
con le loro cime, e gli stranieri al vederle si stupivano;
i cui uomini e donne si gloriavano dei loro ornamenti
come se per agghindarsi fossero l’uno all’altro specchio;
e le loro tavole erano ricolme a rallegrare la vista,
non tanto perché si nutrissero ma perché si deliziassero;
e ogni povertà era disprezzata, e l’orgoglio così grande
che pronunziare la parola aiuto divenne odioso... 72
DIONISA
Oh, come è vero!
CLEONE
Ma da questo nostro cambiamento tu vedi cosa può fare il cielo.
Queste bocche che, prima, la terra, il mare e l’aria
non bastavano a soddisfare e a compiacere,
pur dando i loro prodotti in abbondanza,
come case insudiciate, perché non più in uso,
muoiono d’inedia per mancanza di esercizio.
Quei palati, che solo due estati fa
richiedevano nuove invenzioni a deliziarne il gusto,
sarebbero felici ora di aver pane e lo vanno mendicando.
Quelle madri, che per crescere i loro bimbi
non ritenevano nulla troppo raffinato, ora sono pronte