Page 387 - Shakespeare - Vol. 4
P. 387
GUIDERIO
Abbiamo ultimato le esequie. Su, deponiamolo.
BELARIO
Qualche fiore per te: a mezzanotte gli altri.
L’erba rorida di fredda rugiada notturna
è il fregio più appropriato alle tombe
e ai volti che ricopre. Anche voi un tempo
fiori, siete ormai avvizziti: così sarà
presto l’erba con cui vi cospargiamo.
Venite, su: appartiamoci in ginocchio.
Quella terra che ce li ha dati, adesso se li riprende.
Qui trova fine ogni loro gioia e tormento.
[Escono Belario, Guiderio e Arvirago.]
IMOGENE
[svegliandosi]
Sì, signore: a Milford Haven. Qual è la strada?
Grazie. Accanto a quell’arbusto? Vi prego,
quanto dista? Signore pietà! Sei miglia ancora?
Tutta la notte ho viaggiato: in fede mia,
mi stenderò a dormire.
[Vede il corpo di Cloten.]
Piano, però! Non voglio compagni di letto!
Oh, dèi! Questi fiori sono come i piaceri
del mondo, e quest’uomo insanguinato le sue pene!
Sogno, spero. Credevo d’esser massaia
in una spelonca, e di cucinare per gente onesta.
Così non è. Era solo un baleno di nulla,
e verso il nulla scagliato: sarà stato frutto
dei fumi del cervello. I nostri stessi occhi
sono talvolta ciechi come i giudizi. Però tremo
ancora di spavento. Se tuttavia è rimasta in cielo
solo una goccia appena di pietà, fosse anche piccola
come l’occhio di uno scricciolo, oh, dèi temuti:
datemene una parte! Il sogno prosegue ancora,
sebbene io sia sveglia: è tutt’intorno e dentro di me.
Non lo immagino, lo sento. Un uomo senza testa?