Page 350 - Shakespeare - Vol. 4
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Non sarai tu a dannarmi la mano!
IMOGENE
Ma devo morire:
se non per tua mano, non servi il volere
del tuo padrone. Contro il suicidio
esiste un divieto così divino
da rendere vile la mia fiacca mano.
Vieni, ecco il mio cuore, obbediente
come il fodero della tua spada:
c’è sopra qualcosa, aspetta! Non voglio difese.
Ma cos’è? Ah, le scritture del fedele Leonato,
ormai eresie! Via da me, corruttrici della mia fede!
Non vi farò più armatura del mio cuore. Così
i poveri illusi possono dar credito ai falsi maestri.
Per quanto duramente soffra chi è tradito,
è al traditore che tocca un’angoscia più grande.
E tu, Postumo, che mi hai reso possibile
disobbedire al re mio padre, e che mi hai indotto
a disdegnare gli approcci di principi miei pari,
ti accorgerai a breve che i miei non erano
gesti comuni ma azioni rare. E mi rattrista
pensare che, quando colei su cui ora ti spossi
ti avrà smussato il filo, il mio ricordo sarà per te
un tormento. Fa’ presto, ti prego: l’agnello
implora il macellaio. Dov’è il tuo pugnale?
Sei troppo lento nel soddisfare l’ordine
del tuo padrone e il mio volere stesso.
PISANIO
Mia graziosa signora,
da quando ho ricevuto questo incarico
non chiudo occhio.
IMOGENE
Eseguilo, dunque, e poi va’ a letto.
PISANIO