Page 347 - Shakespeare - Vol. 4
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ti rapii i bambini − uno di tre anni, l’altro di due
               − pensando di spogliarti della successione come
               tu avevi fatto con le mie terre. Tu sei stata la loro
               nutrice, Eurifile. Ti credevano loro madre, e ogni

               giorno recano omaggio alla tua tomba. E credono me,
               Belario, il loro padre naturale, che chiamano Morgan.
               La caccia è partita.
                                                                                                         [Esce.]




                                                    Scena IV         EN


                                              Entrano Pisanio e Imogene.



              IMOGENE
               Scendendo dal cavallo, mi hai detto
               che il posto era ormai prossimo.

               Nemmeno mia madre era tanto impaziente
               di vedermi nascere quanto lo sono io adesso.
               Suvvia, Pisanio! Dov’è Postumo? Cos’hai in mente?
               Perché mi fissi con gli occhi sbarrati?

               Perché quel sospiro dal tuo petto? Sembri il ritratto
               di un tormento che non sa offrire spiegazione.
               Non assumere un’aria così tremenda, se non vuoi
               che la follia sbaragli la mia ragione. Che succede?

               Perché mi porgi quel foglio con uno sguardo così
               gelido? Se sono notizie radiose, introducile
               con un sorriso; se invece sono tetre, non hai bisogno
               di mutare espressione. La grafia di mio marito?

               Quella dannata Italia lo avrà turbato con le sue malìe,
               e adesso sarà in difficoltà. Avanti, parla!
               La tua lingua potrà smussare, forse, la mortale stoccata
               che potrebbe venirmi da questa lettera.



              PISANIO

                               Leggete voi, vi prego. E scoprirete
               se non sono − misero me! − l’essere più
               avversato dalla sorte.
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