Page 346 - Shakespeare - Vol. 4
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BELARIO
Io non avevo colpe, come spesso ho ripetuto;
ma due infami, i cui falsi giuramenti prevalsero
sul mio limpido onore, testimoniarono davanti
a Cimbelino che ero in combutta coi romani.
Fui così bandito, e per vent’anni queste rocce
e queste lande sono state il mio mondo, dove
ho vissuto in onesta libertà, versando al cielo
più tributi di devozione che in tutta la mia vita
di un tempo. Ma su, per i monti! Questo non è
argomento da cacciatori. Il primo a colpire
il cervo sarà il signore della festa: gli altri due
lo serviranno, e non dovremo temere il veleno
che spesso presenzia più nobile desco.
Ci incontreremo a valle.
[Escono Guiderio e Arvirago.]
Com’è arduo nascondere le faville della Natura!
Questi ragazzi nemmeno immaginano di essere
i figli del re, e Cimbelino neanche sogna che siano
ancora in vita. Si credono figli miei e, benché
cresciuti in questa misera grotta che li costringe
a chinarsi, i loro pensieri sfiorano i tetti dei palazzi,
e anche nelle cose più semplici e umili la Natura
li induce ad agire da principi. Polidoro, erede
di Cimbelino al trono di Britannia, che il re suo padre
chiamò Guiderio… Per Giove! Quando, seduto sul
tripode, racconto le mie gesta di guerra,
lo spirito suo si libra nella mia storia.
E se dico: «Così cadde il mio avversario, e io
gli posi il piede sul collo», il suo sangue
di principe gli arrossa le guance, e suda,
i giovani nervi tesi mentre mima le mie parole.
Cadwal, il fratello più giovane che un tempo
aveva nome Arvirago, con lo stesso portamento
infonde vita al mio racconto, rivelando ancor di più
ciò che sente. Oh, hanno stanato la preda!
Oh, Cimbelino! Il cielo e la mia coscienza
sanno che ingiustamente mi bandisti; per questo