Page 344 - Shakespeare - Vol. 4
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Salve, cielo!
ARVIRAGO
Salve, cielo!
BELARIO
Ai nostri montani trastulli, adesso.
Su per la collina, voi: avete gambe giovani!
Io seguirò la pianura. Quando vi apparirò
minuscolo come un corvo, da lassù,
considerate allora come sia il punto di vista
a sminuire o a dare risalto. Potrete così meditare
sulle storie che vi ho raccontato circa i principi,
le corti e gli inganni della guerra, dove un servizio
non vale perché reso in quanto tale, ma perché
come tale riconosciuto. Guardare alle cose
in questo modo ci fa trarre profitto da tutto ciò
che vediamo. Scopriremo spesso, così,
con nostra consolazione, che nella sua corazza
l’infimo scarabeo è molto più al sicuro che l’aquila
ad ali spiegate. Oh, questa vita è molto più nobile
che servire a corte per vedersi ripresi; più intensa
del far nulla per ottenere una livrea; più gloriosa
dello strusciarsi in vesti di seta non ancora pagate.
I sarti si levano il cappello davanti ai clienti che fanno
eleganti, ma che per ciò non depennano
dal libro dei debitori. Non è vita per noi, quella.
GUIDERIO
Parlate secondo la vostra esperienza: noi poveri implumi
non abbiamo mai perso di vista il nostro nido, né sappiamo
come sia l’aria lontano da casa. Forse questa vita è per voi
la migliore (se il meglio sta in una vita serena), vi risulta
più amabile perché ne avete conosciuta una più dura
e ben si addice alla vostra rigida età. Ma è per noi una
cella d’ignoranza, un viaggiare costretti a letto,
un carcere di cui, come debitori, non osiamo
varcare i confini.