Page 345 - Shakespeare - Vol. 4
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ARVIRAGO

                               Di cosa parleremo, una volta vecchi come voi?
               Quando udiremo pioggia e vento sferzare il cupo
               dicembre? Di che discorreremo in questa gelida grotta

               durante le lunghe, raggelanti ore? Non abbiamo visto
               nulla, siamo simili a bestie: astuti come la volpe
               con la preda, battaglieri come il lupo per il cibo;
               il nostro valore sta nel cacciare ciò che fugge.
               Facciamo un coro della nostra gabbia e, come

               gli uccelli prigionieri, liberamente cantiamo
               la nostra schiavitù.



              BELARIO
                               Che cosa dite! Se solo conosceste
               (e, nel conoscerlo, aveste provato) il logorio della città

               e l’affettazione a corte, da dov’è altrettanto difficile
               andarsene che rimanere, e dove espugnare la vetta
               significa caderne di sicuro (o destreggiarsi su di un terreno
               così infido che pari è la paura); la fatica della guerra,

               un affanno che sembra cercare il pericolo in nome
               soltanto di onore e gloria, ma che poi in tale ricerca
               trova la morte, ottenendo spesso un epitaffio
               calunnioso in cambio di nobili gesta: ché molte

               volte, anzi, a compiere il bene si viene puniti e,
               peggio ancora, bisogna inchinarsi alle critiche.
               È questa, ragazzi, la storia che il mondo può leggere
               in me. Il corpo mio reca il segno delle daghe romane,

               e la mia fama era un tempo tra le più celebrate.
               Cimbelino mi amava: ogniqualvolta parlasse di soldati,
               tra i primi nomi era il mio. Allora ero come un albero
               i cui rami si piegano per i troppi frutti. Finché, una notte,

               una tempesta o una rapina (chiamatela come vi piace)
               sbatté per terra il mio dolce carico e le foglie stesse,
               lasciandomi nudo alle intemperie.



              GUIDERIO
                               Incerta fortuna!
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