Page 33 - Shakespeare - Vol. 4
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Entra Pericle con signori del seguito.
PERICLE
Che nessuno ci disturbi.
Escono i signori.
Perché quest’animo mutato, 51
e questa triste compagna, la malinconia dagli occhi spenti,
mi sono ospiti assidui e non un’ora mi danno pace
nel cammino splendido del giorno e nella quieta notte,
la tomba dove la pena si dovrebbe assopire?
Qui i piaceri corteggiano i miei occhi, e i miei occhi
li sfuggono, e il pericolo che temo è ad Antiochia,
il cui braccio è troppo corto per colpirmi qui. 52
Eppure, né l’arte del piacere sa rallegrare il mio spirito
né mi conforta la distanza di quell’altro. 53
Allora è così: le passioni della mente,
che hanno la loro prima concezione nel terrore, 54
si nutrono poi e vivono di affanno,
e ciò che prima era solo paura di quanto poteva accadere
si sviluppa e si affanna affinché quello non accada.
Così è per me. Il grande Antioco,
contro il quale son troppo piccolo per lottare,
poiché è così grande da tradurre in atto ogni suo volere,
penserà che io parli, anche se giuro di tacere;
né serve che io dica che lo onoro,
se sospetta che io possa disonorarlo.
E quel che può farlo arrossire, se risaputo,
egli ne fermerà il corso per cui si possa venire a saperlo.
Con forze ostili ricoprirà questa terra
e con ostentazione 55 guerresca si presenterà così gigantesco
che lo smarrimento 56 toglierà coraggio al mio stato,
e i nostri uomini saranno sconfitti prima di resistere
e i nostri sudditi puniti senza aver recato offesa alcuna.
È quest’affanno per loro, non la pietà per me stesso
− che sono soltanto chioma d’albero
che protegge le radici da cui essi crescono e li difende −
a farmi languire il corpo e penare la mente,
punendomi così prima che lui mi punisca. 57