Page 308 - Shakespeare - Vol. 4
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e vi trattiene, perché il dubbio che qualcosa vada male
lacera spesso più di una certezza. E a questa,
se conosciuta in tempo, si può talvolta rimediare,
sempre che un rimedio esista.
IACHIMO
Fossero mie queste guance
in cui bagnare le labbra, mia questa mano che,
solo a sfiorarla, costringerebbe l’animo a giurare fedeltà,
mio quest’essere che, incendiandoli, imprigiona
il moto forsennato dei miei occhi,
e me ne andassi invece − sì che sarei dannato, allora!
− a sbavare baci su labbra pubbliche come i gradini
del Campidoglio, a stringere mani rese callose
dai falsi abbracci distribuiti a ore per lavoro,
e a guardare di sottecchi occhi vili e spenti
come la luce fumosa di fetido sego,
allora meriterei che tutte le piaghe
dell’inferno piovessero a punire
una tale perversione.
IMOGENE
Il mio sposo, temo,
ha dunque dimenticato la Britannia.
IACHIMO
E sé stesso. Non sono certo io,
né la conoscenza che ho di tali fatti,
a darvi conto di questo miserevole cambiamento;
è la grazia vostra, per incanto, a spingerle
dalla mia muta coscienza alla lingua.
IMOGENE
Non voglio sentire altro.
IACHIMO
Oh, anima cara!