Page 262 - Shakespeare - Vol. 4
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sun (si accetta l’emendamento dell’originale in con of) erano monete d’oro francesi del tempo, ma
                 french  crown era anche espressione figurata a indicare la calvizie provocata dalla sifilide; pertanto il
                 sifilitico  cavaliere  francese  andrà  nel  bordello  sia  per spendere i  suoi  soldi  sia  per spandere la  sua
                 malattia. Si noti infine che il sole era un simbolo frequente sulle insegne dei bordelli inglesi del tempo.
            277 IV, ii, 109 Il segno di Marina, ma anche forse il segno del sole, di cui alla nota precedente.
            278 IV,  ii,  116  Interessante,  come  scorcio  sui  costumi  del  tempo,  questo  ammaestramento  che  la
                 mezzana dà a Marina, elencando i trucchi della perfetta prostituta.
            279 IV,  ii,  118 take  her  home:  allo  stesso  tempo,  “portala  dentro”  (in  camera),  “fate  capir  bene”  (e
                 quindi, con probabile doppio senso osceno, “ficcaglielo in testa”).
            280 IV, ii, 135 Viene riproposto, per Boult, un incarico che egli ha già assolto. Forse si tratta di un errore
                 del copista che trascrisse a questo punto uno scambio che doveva avere luogo prima. O forse la
                 ripetizione  fu  voluta  proprio  da  Shakespeare  per  porre  ancora  maggior  enfasi  sull’affollamento  di
                 clienti che si sta preparando per Marina e che contrasta violentemente con la sua purezza.

            281 IV,  ii,  137  Era  credenza  comune  che  il  tuono  risvegliasse  le  anguille  dal  fondo.  Le  anguille,
                 naturalmente, costituiscono in questo contesto una immagine fallica.

            282 IV, iii La scena si sposta di nuovo a Tarso.
            283 IV, iii, 1 Fin da questa prima espressione − riguardante l’atto criminale (the  deed come  è  spesso
                 definito nel linguaggio shakespeariano; e si veda qui come tale parola appaia puntualmente al v. 6)
                 che non può essere annullato, dis-fatto (undone) −  questa  scena  riecheggia  quella  di  Macbeth  e
                 Lady  Macbeth  dopo  l’assassinio  di  Duncan,  o  anche  quella  di  Albany  e  Gonerd  in Re  Lear,  IV,  ii.
                 Diversamente  da  Macbeth,  e  come  Albany,  Cleone  non  è  responsabile  del  delitto  (il  supposto
                 assassinio di Marina).

            284 IV,  iii,  12 face:  così  l’in-quarto,  emendato  da  molti  con fact;  ma  ha  senso  anche  (forse  più
                 pregnante, meno convenzionale) la lezione originaria.
            285 IV, iii, 14 Quale lei era stata incaricata di essere con Marina.
            286 IV,  iii,  15  Accolgo  l’emendamento  che  mette  un  punto  fermo  alla  fine  del  verso  precedente  e
                 aggiusta l’originario To foster it, not ever to preserve.
            287 IV, iii, 17 In questo senso sembra si debba intendere impious (uno che non si comporta secondo la
                 pietas nei confronti dei suoi, in questo caso nei confronti di Dionisa); di solito viene emendato con
                 l’opposto pious,  ma  in  tal  caso  si  perde  sia  il  paradosso  con innocent che,  ancor  più,  quel  sottile
                 gioco  di  coinvolgimento,  di  chiamata  a  complice  che  Dionisa  sta  qui  svolgendo  nei  confronti  del
                 marito.
            288 IV, iii, 19 Traduco così per rendere l’innegabile collegamento tra questo verso e lo you play di poco
                 precedente.
            289 IV,  iii,  27 prime:  emendamento  proposto  da  Dyce  e  seguito  un  po’  da  tutti  per  la  lezione prince
                 dell’in-quarto.
            290 IV, iii, 31 Seguo la lezione originaria, di solito emendata con distain, che  qui  starebbe  a  significare
                 “metteva in ombra”, “oscurava”.
            291 IV, iii, 39 È l’ultima argomentazione di Dionisa e risulta quella vincente, perché fa appello ai legami
                 primari, e più specificamente al rapporto padre-figlia così centrale in tutto il dramma.
            292 IV, iii, 50 Cleone è paragonato a uomini così timorosi di ogni giudizio dall’alto da scusarsi anche per
                 cose che, con tutta evidenza, non possono essere incolpate loro.
            293 IV, iv Il metro impiegato da Gower, questa volta, è fatto di decasillabi anziché ottosillabi, e il suo
                 lessico  è  quasi  del  tutto  spoglio  di  arcaismi  (come  si  poteva  riscontrare,  del  resto,  già  nel  suo
                 precedente intervento all’inizio di questo quarto atto). Ancor più accentuato si fa ora, come nei Cori
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