Page 265 - Shakespeare - Vol. 4
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Marina sembrano piuttosto povere per forza argomentativa, e non certo tali da indurre Lisimaco, ai
                 vv. 98 e seguenti, a dirsi sopraffatto dalla sua eloquenza e a cambiare radicalmente atteggiamento.
            326 IV, vi, 90 Cioè, continua a farmi la predica: l’atteggiamento di Lisimaco è ancora cinico e sfrontato.

            327 IV, vi, 90-97 Questa battuta, in particolare, appare lacunosa e difettosa, come testimonia anche la
                 trascrizione formalmente incerta che ne dà l’in-quarto, dove dopo il v. 94, incompleto, si ha prosa
                 fino al v. 103. Nella narrazione di Wilkins, Marina ha tre lunghe battute in cui spiega la sua storia, fa
                 un appello appassionato a Lisimaco e infine si affida alla sua pietà inginocchiandoglisi davanti.
            328 IV,  vi,  100-101  Nella  sua  successiva  battuta  Lisimaco  aggiungerà  di  non  esser  venuto  in  quel
                 bordello con cattive intenzioni. Quello che egli dice, tuttavia, non autorizza a concludere, come fa
                 Hoeniger, che, a differenza del Lisimaco di Wilkins, egli abbia solo recitato una parte finora, la parte
                 di chi, pur virtuoso e onorevole, finge, per chissà quali ragioni di moralità recondita, di frequentare i
                 luoghi  più  corrotti  che  si  trovano  sotto  la  sua  giurisdizione.  Tutta  la  prima  parte  della  scena  ci
                 mostra,  invece,  un  Lisimaco  senza  scrupoli,  che  entra  nel  bordello  mascherato  per  non  farsi
                 riconoscere  dal  popolo  −  e  si  comporta  come  un  cliente  abituale.  Si  tratta,  insomma,  della  tipica
                 ambiguità morale che Shakespeare cala più volte in certi suoi personaggi, soprattutto quando è in
                 questione la mercificazione del sesso (e si rimanda ancora, in particolar modo, a Misura per misura).
            329 IV, vi, 105 be you thoughten: forma goffa e assolutamente inconsueta, che costituisce un’ulteriore
                 testimonianza dello stato corrotto di questa parte del testo.
            330 IV,  vi,  111-112  È  una  maledizione  obliqua  contro  se  stesso,  contro  la  parte  che  avrebbe  potuto
                 fare.
            331 IV, vi, 125 Anche la testa, con gioco su head contenuto nel prece-dente maidenhead.
            332 IV,  vi,  132 He: questa è la lezione dell’in-quarto, emendata da tutti, a partire da Rowe, con She.
                 L’emendamento  è  dubbio,  in  quanto  sembra  verosimile  che  Boult  abbia  sentito  la  battuta  di
                 Lisimaco,  ai  vv.  96-114,  subito  prima  della  sua  entrata  in  scena,  e  in  quella  battuta  appunto
                 Lisimaco parlava del puzzo di quel bordello.
            333 IV, vi, 144 Il verbo to  conjure è usato a significare l’evocazione di spiriti fatta con arti magiche. La
                 blasfemia  popolaresca  della  mezzana  le  fa  trasformare  la  supplica  di  Marina  agli  dèi  in  un  atto  di
                 magia. I valori si capovolgono: il bene è qualcosa di pericoloso, che va scansato, che fa scandalo,
                 che si mescola alle pratiche spiritiche.
            334 IV, vi, 147-148 La mezzana la vede già conciata per le feste da Boult.

            335 IV,  vi,  153  Probabile  l’equivocazione  su thing:  “cosa”  e,  nel  linguaggio  elisabettiano,  sesso  (sia
                 femminile che maschile).

            336 IV, vi, 155-156 E, cioè, esseri abietti, anche secondo la prospettiva di Boult, il quale è costretto a
                 far loro da schiavo.

            337 IV, vi, 166 Si noti la forza di queste immagini basse. Marina ha imparato, nonostante tutto, il lessico
                 del bordello.
            338 IV, vi, 173 common shores: fogne all’aperto dove venivano depositati ogni sorta di rifiuti che l’acqua
                 piovana avrebbe poi, in parte, spazzato via.
            339 V, 1 Il metro di Gower varia di nuovo, consistendo ora di decasillabi a rima alternata. Come nei suoi
                 due  precedenti  interventi,  all’inizio  e  nel  corso  del  quarto  atto,  dal  suo  lessico  sono  scomparsi
                 praticamente gli arcaismi.

            340 V, 8 Accetto l’emendamento proposto da Malone di twin per  il Twine  dell’originale. In questi quattro
                 versi  si  dispiega  un topos ricorrente  nella  letteratura  elisabettiana,  e  soprattutto  in  Shakespeare,
                 quello dell’arte che compete con la Natura producendo forme e immagini non meno naturali di quelle
                 che  la  Natura  stessa  in  quanto  grande  artefice  degli  spettacoli  del  mondo,  porge  agli  occhi  degli
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