Page 256 - Shakespeare - Vol. 4
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che si è abbandonata ai festeggiamenti.

            171 III, 5 eyne: plurale arcaico di eye.
            172 III, 9 Il dio greco delle nozze.

            173 III, 14 Così Gower segnala ancora una volta l’integrazione − così rilevante in questo dramma − del
                 modo mimetico con quello diegetico.

            174 III,  15 perch:  propriamente,  unità  di  misura  derivata,  tramite  l’antico  francese,  dal  latino pertica,
                 misura agraria di dieci piedi.

            175 III,  22  La fama latina  in  quanto  “voce”,  “notizia”,  strange:  probabilmente  nel  senso  non  già  di
                 “strano”, ma di “lontano”, lo strano derivando dalla ricerca nelle terre più lontane (e quindi straniere
                 e diverse per cultura), di cui è detto sopra.
            176 III,  29  È  quanto  si  è  già  visto  drammatizzato  in II,  iv,  ma  lo  spunto,  qui  presente,  di  una
                 sollevazione contro le istituzioni parrebbe confermare che quella scena fosse stata trascritta in modo
                 incompleto,  perché  certo  non  di mutiny lì  si  trattava,  ma  solo  dello  scontento  di  alcuni  nobili,  uno
                 scontento  peraltro  abbastanza  controllato  e  poi  facilmente  pacificato.  È  da  notare  inoltre  che  il
                 racconto  che  ne  fa  Gower  al  pubblico  è  ben  poco  funzionale,  dato  che  il  pubblico  ha già  visto
                 rappresentati  questi  eventi.  Tale  procedura  è  del  tutto  insolita  in  Shakespeare,  sempre  molto
                 attento alla integrazione non ridondante del modo mimetico con quello diegetico.
            177 III,  35 Y-ravishèd: emendamento proposto nel Settecento da Theobald e Stevens per la lezione
                 Iranyshed dell’in-quarto,  che  divenne  poi,  per  evidente  incomprensione  dei  tipografi,  un  incongruo
                 Irony  shed nelle  successive  edizioni  seicentesche.  La  forma  arcaica  è  comunque  filologicamente
                 errata  in  questo  caso  in  quanto  il  prefisso y-,  d’origine  antico  germanica,  si  applicava  al  participio
                 passato e non al passato.

            178 III, 41 Tocco ironico di Gower volto a sottolineare la risolutezza, già ampiamente manifestata, di
                 questa donna.
            179 III,  42  Dovuti  a  quella  partenza,  e  contestualmente  riferibili  soprattutto  al  re  Simonide  che  vede
                 partire sua figlia in precarie condizioni per un viaggio avventuroso.
            180 III, 46 Sono, cioè, giunti a metà del viaggio.
            181 III, 47 Una seconda volta dopo la tempesta descritta da Gower all’inizio del secondo atto.

            182 III,  46 fortune’s mood:  emendamento  di  Theobald  e  Malone  per  la  lezione  fortune  mou’d dell’in-
                 quarto.

            183 III, 51 well-a-near: arcaismo per alas.
            184 III, 54-57 Brano molto interessante, non solo perché ci offre un ulteriore risvolto della sapiente regia
                 di Gower, coro e nello stesso tempo direttore dell’azione drammatica, ma anche perché indica nel
                 modo  più  chiaro  quelle  che  sono  le  linee  portanti  della  drammaturgia  shakespeariana  (ed
                 elisabettiana  in  genere).  Ciò  che  non  può  essere  rappresentato  in  scena  −  tempeste,  come  in
                 questo caso, o viaggi, o altri fenomeni naturali di grande violenza − veniva delegato al racconto dei
                 personaggi, o, più raramente come in questo caso, di un personaggio-coro. Gower ci dà dunque
                 una indicazione di tecnica drammaturgica e produce, anche, un distanziamento di tipo metateatrale
                 in senso stretto, pur lavorando all’interno della illusione rappresentativa. Indica i rispettivi mezzi, del
                 teatro  come  mimesi  e  della  parola  narrante  come  diegesi,  e  ne  delimita  gli  ambiti:  a  lui  sta
                 raccontare, e sapere quando non raccontare (I nill relate); all’azione teatrale sta rappresentare con i
                 suoi propri mezzi (shall for itself itself perform).
            185 III, i, 4 Se la prima invocazione era a Nettuno, questa seconda è rivolta a Eolo, il dio dei venti.

            186 III,  i,  7  Seguo  la  lezione  dell’in-quarto then  storm,  che  ritengo  inutilmente  emendata  da  molti  in
                 thou, storm.
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