Page 255 - Shakespeare - Vol. 4
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149 II, iii, 51 Verso con tutta probabilità corrotto. Il re ha riempito una coppa che si appresta a far girare
intorno al tavolo perché tutti bevano alla salute di sua figlia.
150 II, iii, 63 La meraviglia sta nella sproporzione tra il suono alto e forte della zanzara e il corpo piccolo
e insignificante dell’insetto ucciso.
151 II, iii, 65 standing-bowl: propriamente, non una coppa, ma un calice con gambo e basamento.
152 II, iii, 83 L’archetipo di Pericle, come dei romanzi greci di avventure, è naturalmente Ulisse.
153 II, iii, 98 in arms: in armi e, nello stesso tempo, tra le loro braccia; gioco di parole su arms. Viene di
nuovo fuori il lato allegro e scherzoso di Simonide.
154 II, iii, 100 Così Simonide fa da pronubo tra Pericle e sua figlia.
155 II, iii, 102 Altro doppio senso malizioso in trip: viaggiare in quanto muoversi, e qui ballare, ma anche
in quanto “partire” eroticamente.
156 II, iii, 106 La trascrizione è confusa, e il senso va ricostruito contestualmente,
157 II, iv La scena si svolge a Tiro.
158 II, iv, 17 I signori non si sono ancora annunciati a Elicano ed Escane e parlano tra loro, lamentando
di essere esclusi dai segreti di stato e manifestando invidia per Escane, l’unico con cui si
confiderebbe il reggente Elicano.
159 II, iv, 53 È la stessa immagine usata da Pericle nella scena precedente ai vv. 39-42. Si veda la nota
147.
160 II, iv, 58 La scena, forse trascritta in modo approssimativo, ha inizio nel segno di una possibile
sedizione, motivata da invidie e rancori tipicamente cortigiani, ma poi si risolve in una pacificazione
generale che arriva, in quest’ultima battuta, a esprimere l’apologo politico più amato dagli
elisabettiani: quello per cui è solo l’unità dei nobili a garantire la sicurezza dello stato e la sua pace.
161 II, v Siamo di nuovo in una sala del palazzo di Pentapoli.
162 II, v, didascalia Verosimilmente entrando dall’altra porta del palcoscenico.
163 II, v, 10 Cosa che in seguito, come vedremo, Taisa farà veramente, nel santuario di Efeso.
164 II, v, 11 Altro nome di Diana o Artemide, identificata come dea della luna, simbolo della castità e
della purezza. Qualche critico ritiene che si debbano prendere per vere le parole di Simonide: in tal
caso, Taisa, che subito sposerà Pericle, si renderebbe colpevole del non mantenimento di un voto
sacro, e per questa ragione sarebbe poi perseguitata da tante sventure, fino al lieto fine conclusivo.
Ma Simonide è un re burlone e inventa, con ogni verosimiglianza, questa storia per liberare la figlia
dal corteggiamento dei cavalieri.
165 II, v, 31 Questo scambio di battute su un episodio di cui non è rimasta traccia nel dramma fa
pensare a una lacuna nella trascrizione. L’ipotesi è avvalorata dal fatto che Wilkins, nel suo The
Painful Adventures of Pericles, Prince of Tyre, racconta di una serenata di Pericle, che nel dramma
era probabilmente eseguita dopo la conclusione di II, iii.
166 II, v, 42 Pericle teme di ricadere nella stessa situazione in cui si era trovato ad Antiochia.
167 II, v, 84 Il burlone Simonide passa da sorpresa a sorpresa, godendo della sua recitazione.
168 II, v, 91 La funzione di Simonide, tra burle e intermediazioni, è l’esatto opposto di quella di Antioco
con la figlia, in quanto è tutta volta, maliziosamente, a favorire l’Eros e la sua normale
consumazione sessuale.
169 III, 1 Altro tipico arcaismo, morfologico e lessicale, di Gower.
170 III, 1 rout: il senso qui inteso, più che quello di “frastuono”, “tumul-to” − comunque, concomitante
nella situazione descritta − pare essere quello di “compagnia”, “brigata”: l’allegra brigata della corte